in altre
parole ci hanno forgiato in
generazioni di “pipparoli”!
Tragico per molti, perché la
mentalità del pipparolo, nella sua concezione puberale e manuale del
sesso, cioè la scoperta del
proprio sesso,
dovrebbe poi portare alla normale evoluzione della scoperta dell'altro
sesso:
solo che questa “fase di passaggio” per alcuni praticamente non passa mai.
Una mentalità chiusa ed
egoistica, che libera dall'incomodo delle relazioni, un po' "alla prete
cattolico", amo tutti e nessuno, un rimanere
bambini per sempre e -
soprattutto - non permettersi di diventare
mai adulti.
Così davanti a
lunghe file
di statue tutte bianche, totalmente svuotate di linfa vitale,
ci hanno
inculcato che quelli erano gli “ideali” classici dell'antichità, e
questo “ideali” e questo “classici” la diceva tutta, induceva
al rispettoso silenzio della non contraddizione e alla sottomissione
mentale, non importa il ribollire furioso del giovane sangue dentro.
I bianchi marmi delle statue
dell'antichità sono stati a lungo - e tuttora lo sono per molti -
addirittura la
colonna portante di una intera identità (ovviamente falsa!)
culturale occidentale.
Il
sogno-mito del
bianco come approccio sociale e culturale
peculiare all'arte in se stessa,
qualcosa di innalzato al di sopra
della quotidianità della vita, qualcosa di sacro e distaccato,
oggetto costruito dall'uomo per essere
contemplato con ammirazione
piuttosto che vissuto con passione.
Un'arte che serve a
sbiancare, a
sbiadire,
a
svenare, a rendere meno
fastidioso, meno disgustoso
anche l'orrore della nefandezze umane e delle crudeltà divine racchiuse
nel destino, a farci vivere tutto come se fosse meno brutale,
meno provocativo, più “accettabile”
e senza costringerci a scomode prese di posizione. |