così si descrive De André.
Irrequieto viandante
con una
particolare
predisposizione a (poi predilezione per) la
precarietà esistenziale,
insofferente e discontinuo negli
studi accademici, senza mai
arrivare a laurearsi
- tipico drop-out, decisamente
outsider - libero e
libertario,
nemico delle convenzioni
ed
amante, amico e studioso del
“diverso”,
cultore di mondi e culture “a lato”,
dissacratore del “sacro istituzionale”,
infaticabile
“operatore ecologico” del sociale - lui solo
e solitario - nell'appassionato
recupero di perle umane dai
rifiuti
di una società, bulimica di tutto, così anoressica di
com-passione e d'amore.
Ripudia le
iniquità
della
propria classe sociale
eppure vi rimane dentro da
“borghese anti-borghese”,
mai inquadrato,
mai etichettato, mai impastoiato,
esternando senza filtri il proprio contraddittorio senso di appartenenza
e allo stesso tempo di distanza,
dichiarando con orgogliosa,
riscattante
dignità
il suo essere
senza riserve dalla parte degli esclusi
di questa società,
dalla parte delle vittime del potere
di ogni tempo e di ogni geografia
e delle ingiustizie
di ogni tipo perpetrate in nome del
“dominante buonsenso comune”.
Accetta,
sceglie ed abbraccia
piuttosto la
crudezza e la materialità dell'esistenza,
preferendola a qualsiasi tentazione filosofica, religiosa
ed ideologica di
estraniarlo da quel
quotidiano
fatto di vite di gente in carne ed ossa,
amico di
sbandati, puttane, magnaccia, suicidi, drogati e perdenti
perché meglio rappresentano
la realtà in cui vive di
tutti i
potenti, benpensanti, cialtroni, farisei, forcaioli e boia.
Coerentemente “dall'altra parte”
contro
la prepotenza vigliacca
di chi si accanisce su un'umanità in
ginocchio, già
sofferente di suo,
“dall'altra parte”
perché sarebbe contro la sua natura umana
farsi servile con i forti e forte con i
deboli, “dall'altra parte” a
condividere simpateticamente vite fatte di riservatezza e di
dignità anche nella sofferenza e nella
disperazione, “dall'altra parte” per mettere a nudo, attaccare e condannare i
luoghi fisici e mentali del
degrado, del sopruso e della violenza, dalle
“carceri” storiche a quelle del presente “berlusconiano”,
i suoi
miti di efficienza,
professionalità e produttività ad libitum in palese e crescente
contrasto con
un
contesto sociale
sempre meno civile, meno solidale
e meno morale
ovvero sempre più incivile, sempre più menefreghista e sempre più
immorale.
Coerentemente “dall'altra parte”
di
una
lobby
politica ormai isolata dal mondo reale
di chi dovrebbe rappresentare ed i cui interessi dovrebbe promuovere ed
altrettanto
“dall'altra parte”
della gente che, così abbandonata a se stessa, non trova né altro né
miglior rifugio di barricarsi
dentro il proprio privato.
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