“La mattina di
Ferragosto, mi sveglio colpito dal silenzio di un giorno di festa.
Tutto è fermo, l’Italia intera è ferma, e si prepara a vivere una
giornata di riposo con la mente sgombra e leggera.
Mi sdraio in terrazza a leggere la fine del romanzo di Capuana,
‘Il marchese di Roccaverdina’.
La storia è appassionante, un gran melodrammone, che si snoda come un
romanzo rosa, a dispetto del ‘verismo’ teorizzato a piene mani
dall’amico fraterno di Giovanni Verga.
Il caldo è clemente, almeno dalle mie parte, e nel cielo sopra le
montagne si vanno ammassando nuvole nere che minacciano un temporale.
Ma la Sicilia si sa, come diceva Sciascia, è un continente, e il sole
deve splendere in tutta la sua pienezza, se tanta gente ha fatto tanta
strada per godersi il mare.
Sono giunto nel punto più intenso del romanzo, quello in cui Capuana
descrive la pazzia del marchese, quando mi arriva un SMS.
Me lo ha inviato Linda (che è una mia carissima amica, oltre ad
occuparsi della produzione dei miei film).
‘Non ci puoi credere!
C’è uno sbarco sulla nostra spiaggia!
Piango!!!’
Portopalo, nella Provincia di Siracusa.
La spiaggia è quella di Morghella.
Mi metto in macchina e
vado fino a lì, il lembo di terra più a sud d’Europa, il parallelo più a
sud di Tunisi.
Lo spettacolo che si presenta ai miei occhi è di una struggente
tristezza, è di una evocativa bellezza.
Mi fa pensare alle parole del grande Totò, marionetta gettata in una
discarica, sul finire di uno dei più bei film di Pasolini: ‘Oh
sublime bellezza del creato!’.
A un centinaio di metri dalla
spiaggia, galleggia immobile nel riverbero
del sole sulle onde, un barcone.
In realtà è un peschereccio, simile a quello dei nostri pescatori, solo
più largo e tondo, con le scritte in arabo sulle pareti, i disegni di
rose e fiori, e a prua l’occhio di Maometto, come una benedizione.
Sopra il peschereccio, sfidando ogni legge della fisica, sono ammassati
più di un centinaio di uomini, donne e bambini.
Hanno la pelle scura, dicono di venire dalla Siria e fuggono
dall’inferno della guerra.
La maggior parte di loro non sa nuotare.
Agitano le braccia per chiedere aiuto.
I bagnanti sono tutti raccolti sulla banchigia, i piedi a mollo e le
mani sugli occhi per pararsi dal sole e poter vedere meglio.
C’è un silenzio irreale in quel lembo di mondo, carico d’attesa e di
paura.
Poi anche il tempo si rabbuia, va via il sole e si leva il vento da
ponente che agita il mare e fa alzare le onde.
Il barcone ondeggia e si arena con la prua in su.
Uno dei migranti cade (o si butta) in mare e agita le braccia tra le
onde che sembrano volerselo inghiottire.
Nessuno sulla banchigia dice una parola o fa un gesto, e ‘la sublime
bellezza del creato’ che è depositata nel fondo ogni cuore, si fa largo
nella mente degli uomini e delle donne in costume da bagno che stanno a
guardare come ipnotizzati, e li fa muovere.
Prima un vecchio, poi una ragazza, poi un’altra ragazza, poi un giovane,
un padre posa sulla sabbia il figlioletto che tiene in braccio e s’avvia
anche lui.
È un attimo.
Tutto
avviene in silenzio, senza enfasi.
Si forma una catena umana che dalla spiaggia arriva fino al barcone.
I giovani, i vecchi, i padri e le madri di famiglia, si passano di mano
in mano le povere creature, larve di bimbi che non hanno neanche la
forza di piangere, e come fagotti vengono depositati sulla sabbia.
Poi aiutano a scendere le loro madri, che si precipitano a cercare i
loro figli per stringerseli al petto.
E il miracolo si compie, senza ardore né retorica, con gesti semplici e
naturalezza.
Non serve fare la cronaca di quello che è successo (chi vuole può
collegarsi al sito
Unità.it e può ‘vedere’ foto e immagini riprese col telefonino
da Linda).
Quello che mi preme dire è un’altra cosa: non c’è eroismo in tutto
questo, non c’è retorica, non c’è buonismo e non ci sono scelte
ideologiche.
C’è il cuore antico di un popolo che si risveglia, spinto dal vento che
porta le parole di Papa Francesco pronunciate nel viaggio a Lampedusa,
c’è soprattutto l’esempio di quest’uomo che viene ‘dalla fine del mondo’
che tocca nel profondo le coscienze di noi tutti e ci spinge verso
luoghi di cui ci eravamo dimenticati l’esistenza.
E per finire mi si permetta di citare un altro uomo, che viene da
‘un
altro tempo’, il nostro Presidente Giorgio Napolitano.
Il suo encomio per i bagnanti della spiaggia di Portopalo che hanno
soccorso i migranti, le sue parole accorate e sincere, ci riconciliano e
rafforzano in noi quella coscienza morale, quel senso da dare alle
nostre vite troppo spesso smarrite nel turbinio di messaggi e di
comportamenti idioti, nel cicaleccio inconcludente a cui ci ha ormai
abituato una classe politica povera di idee e meschina nella difesa di
interessi e corruzioni d’ogni genere.
Personalmente non conosco il nostro Presidente, ma ho conosciuto bene
Pio la Torre, che era un suo amico carissimo,
e questo mi basta per farmi ben sperare nel futuro.”
Pasquale Scimeca, regista
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