Quel che oggi resta del Parco

Agricolo-Botanico-Culturale

Garagnin-Fanfogna

Il Parco nella percezione

quotidiana dei residenti e

quella effimera dei turisti

Del Parco Garagnin a Trogir non si parla, ci si gira attorno, così,

domandone, tutti, ma proprio tutti "dicono" di conoscerlo, anche

se, di fatto, pochissimi adulti ci sono mai "entrati" e ancor di

meno di recente.

Soltanto quando ci si imbatte in qualche anziano (se ne possono

vedere fermarsi in pensierosa sosta davanti al grande cancello

chiuso, con lo sguardo fisso verso l'interno o addirittura il naso

dentro la ringhiera di ferro sulla strada), si capisce quanto almeno

a qualche "sopravvissuto", chi ancora se lo ricorda aperto,

manchi.

Al contrario e un po' a sorpresa però, tra i giovanissimi viene

frequentemente citato come uno dei luoghi preferiti...

L'Ufficio Turistico Locale, il Museo Civico, il locale Ufficio

Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Ministero

della Cultura, il Municipio, le Agenzie Turistiche, tutti ne

conoscono l'esistenza, pochi ne sanno tutta la vera storia e

l'importanza, solo gli addetti ai lavori, la "gente del mestiere" e

una ristretta élite culturale che ne scrive di tanto in tanto.

Quando si chiede esplicitamente del Parco, la politica ne rimane

alla larga e lo prende con le pinzette, perché la controversa e

bipolare attitudine verso qualsiasi traccia di "Venezianità" e

"Romanità" o, peggio, "Italianità" è roba che ancora oggi - a

distanza di quasi un secolo - scotta (anche se gli Euro suonanti di

naviganti e turisti italiani sono sempre più che benvenuti a

"Tragurcash"...).

Così, con la solita sfacciata doppia morale opportunista sul muro

della "Barchessa" del Parco, le vecchie stalle/scuderie/magazzini,

proprio nell'angolo tra il portale Ovest e il cancello principale, ci si

affretta e con premura a murare una targa lapidea con tanto di

simbolo UNESCO (?!) e codice "RQ", cercando di venderselo

questo martoriato Parco come "bene protetto" da quell'iscrizione

di Trogir del 1997 nella Lista dell'Organizzazione delle Nazioni

Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura.

Cosa assolutamente "non veritiera", anzi  proprio "falsa", in

quanto tale protezione riguarda - come inequivocabilmente

esplicitato nella motivazione ufficiale - esclusivamente il Centro

Storico sull'isolotto di Trogir, una zona "A" nel suo complesso

urbanistico.

E neppure la corona buffert di tamponamento a sua protezione in

due zone "B", una a Nord sulla terra ferma e l'altra a Sud sull'isola

di Čiovo - o di Bua che dir si voglia - riesce ad includerlo nella sua

fascia di 70 metri dal bagnasciuga...

Quindi il Parco viene percepito "a scatola chiusa", una a malapena

immaginabile e miticamente immaginata realtà di un gioiellino di

cui si conosca soltanto la confezione, potendolo infatti

"circumnavigare" passeggiando lungo ben tre quarti dei suoi oggi

pur ristretti confini:

- prevalentemente a Sud, sulla Strada Provinciale Šibenik-Split

/Sebenico-Spalato, in questo tratto Ulica kneza Trpimira

- ma anche ad Est, sulla Via Dr. Franje Tuđmana

- a Nord-Est, su Put Muline

- e a Nord, su Put Dragulina

(tutte zone tra l'altro archeologicamente parlando molto

interessanti, già facenti parte dell'Ager della Tragurium romana

sulla terra ferma costiera e dove, anche se sporadicamente, si

scava ancora con successo)

- ancora a Sud-Ovest, dove il Parco confina con i magazzini e

l'immondizia di un lì malpiazzato supermercato

- infine ad Ovest, però chiedendone dovuto permesso ai rispettivi

proprietari, perché lì il Parco confina con proprietà private.

Sicuramente molti degli attuali Cittadini di Trogir, i più trasferitisi

qui dai circostanti villaggi o dal resto del Paese, come pure non

Croati da tutta Europa, oggi proprietari di abitazioni sei-

settecentesche in Città, neppure si domandano che ci sia entro

quei muri e dietro quei malconci cancelli ed inferriate...

Solo uno sparuto gruppo di iniziati ed entusiasti ne segue le

vicende, anche attraverso rare iniziative del Museo con

intermittenti guizzi di ricercatori che di tanto in tanto organizzato

serate o seminari sul tema della sua restituzione al decoro e

usufrutto cittadino, pur spesso attraverso una "moderna" rilettura

sminuente dell'orto-giardino originale in una specie di

"giardinetti" pubblici per famiglie, bambini ed anziani.

Di seri progetti in nuce o in progress per una vera totale

restituzione del preziosissimo giardino storico, nonché

monumento agricolo-botanico-culturale - almeno per quanto se ne

sappiamo ora - neppure l'ombra...

No, siamo onesti, tranne uno che "potrebbe" esserlo o diventarlo,

quello della Dottoressa Ana Šverko et alteri!

Per una tale opera di ricostruzione culturale occorrerebbero

finanziamenti adeguati, nazionali ed Europei, come già avviene

per le nuove infrastrutture del Paese!

Ma il progetto è lì fermo da anni - almeno dall'informazione sul

cartello d'ingresso - incastrato chissà dove nella disinteressata

macchina politico-amministrativa...

Ma l'ottimismo si sa

 "è il profumo della vita!"

Il Parco nella sua "violentata"

anima nascosta

Definirlo uno "stupro a cielo aperto" non è esagerare.

Di questa cruda affermazione se ne potrà "scandalizzare" solo chi

il Parco non lo abbia vissuto al suo interno di recente, perché

l'immagine che oggi offre di sé, un tale gioiello dal passato

neppure troppo remoto, è desolante.

Si vive e si respira desolazione nel Parco

Garagnin-Fanfogna di Trogir, si soffre e si piange

la sua storia rinnegata, si soffoca di cultura

violata.

Altro che targhe "UNESCO" millantate un po'

ovunque...

Solo per questo scempio anche la Città Vecchia

dovrebbe perdere la sua e riguadagnarsela con

umiltà, per dimostrato merito!

Perché lo scempio ha luogo a due passi da un Centro Storico

tanto quasi eucaristicamente ostentato dai propri abitanti, dai

poeti e dagli artisti, quanto supercommercializzato e svilito da

operatori turistici e politici!

Ma quella dell'UNESCO non è un'etichetta qualsiasi, una

decalcomania da incollare a piacimento o addirittura con ipocrisia,

è un "riconoscimento" al saper e voler tutelare e valorizzare

un'eredità fatta di lavoro e di orgoglio, di genio e di tenacia,

un'attestazione di qualità.

Porta con sé una grande responsabilità davanti al mondo intero,

di mostrare i frutti e la cura di una società da prendere "a

modello", altamente umana, capace cioè di contrastare

qualsivoglia reimbarbarimento.

Il Parco Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin-

Fanfogna di Trogir deve essere al più presto

reintegrato in quel tessuto urbano di cui la Città

tanto si vanta...

Va restaurato non trasfigurato, rendendolo degno

di essere a pieno titolo incluso nel programma di

protezione UNESCO Patrimonio "Culturale"

Mondiale dell'Umanità!

Sarebbe scandaloso, indifendibile ed intollerabile lasciar

continuare a convivere l'eccellenza del Centro Storico ad uno

sputo dal degrado più vergognoso.  

"Grade moj"

   "Città mia"...

Grade moj

Kako ću te sačuvati od svijeta

                                grade moj?

— drugui s pticama i njihovim sjemenjem

— i ribama koje šute

— pobjegni pod oblake

— proleti pokraj vremena

Città mia

Come ti proteggerò dal mondo

                             oh città mia?

— accompagnati agli uccelli e al loro seme

— e ai pesci che tacciono

— rifugiati sotto le nuvole

— trasvola il tempo

Mirko Slade-Šilović

"TROGIR JE POEZIJA" / "TROGIR È POESIA"

"Radovan" - Društvo za zaštitu kulturnih dobara Trogira/Associazione per la protezione

dei Beni Culturali di Trogir, 2008 

Nel Parco Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin-

Fanfogna di Trogir, "Giardino Storico e Artistico"

nonché "Monumento di Composizione

Architettonica e Vegetale", cioè "Monumento

Vivente", la Croazia intera, quale Nazione che si

sente così profondamente "tornata sé stessa",

può trovare una delle più straordinarie, se non

irripetibili, occasioni per dimostrare di essere

all'altezza.

Concretamente, nel migliore dei modi, non

continuando ad ignorare la rovinosa realtà che le

sta dentro il cuore, davanti agli occhi, sotto i

piedi.

Perché la prima e primaria "cultura" o socialità

umana non è quella di "sterili" pietre formate o

ri-formate dagli uomini e messe una sopra l'altra

a costruire città, quanto piuttosto quella di una

natura con cui l'Umano oltre diecimila anni fa

stringe un patto "cruciale", da cui far dipendere,

cioè, la propria stessa sopravvivenza.

Lo fa in un angolo di mondo non a caso chiamato

Mezzaluna "Fertile" o, in Inglese, Fertile

Crescent, ovvero الهلال الخصيب in Arabo, dove

l'avventura umana entrerà nella storia con le

prime civiltà agricole e le prime grandi nazioni

nelle valli dei quattro fiumi Nilo, Giordano, Tigri

ed Eufrate!

Il Parco visto da fuori

Per poterci avvicinare in modo "esperienziale" a questa realtà,

rendendoci cioè conto "di persona" dello stato delle cose,

cominceremo col fare quel già citato giro esterno del Parco, una

breve passeggiata accessibile a tutti lungo i suoi confini con il

suolo pubblico.

Una prima lettura di quel che rimane del Parco possibile dalle

strade che oggi lo delimitano su tre lati, partendo dall'incrocio a

"T" che dalla Provinciale porta nel Centro Storico.

Sull'odierna Ulica kneza Trpmira, a inizi Ottocento "Strada Postale

Sebenico-Spalato", percorreremo il tratto dall'incrocio verso

Spalato e l'attuale Stazione degli autobus, all'epoca parte della

paludosa Foša (la "Fossa", prima che il Canale San Marco venisse

costruito) nelle immediate vicinanze del piccolo ponte allora

fortificato che ancora oggi conduce alla (Nuova) Porta di

Terraferma...

Questa immagine dinamica mostra in successione

i punti di osservazione della nostra passeggiata lungo i muri perimetrali

Il muretto all'angolo di Sud-Ovest

Di seguito tre istantanee di valore documentale storico del muro del Parco sul lato Sud,

dall'alto più precisamente:

- la prima probabilmente del Secondo Dopoguerra, con lo spazio antistante utilizzato

come parcheggio di mezzi leggeri da trasporto in attesa di essere noleggiati

- la seconda a metà Anni Settanta del secolo scorso

- la terza Anni Novanta, con il medesimo spazio "sanato" all'epoca delle pratiche per

l'iscrizione di Trogir nella Lista UNESCO.

"Leggendo" le immagini non si può fare meno di percepire un

disriguardo rispetto alla struttura, marginalizzata dalla politica

prima e poi anche dalla popolazione, che si abitua a non

considerarla più parte integrante della cittadina, ma quasi un

monumento di condanna su un periodo storico che si vuole

rifiutare.

Nell'ultima foto si può notare la semidistrutta e parzialmente

divelta ringhiera realizzatavi nel Anni Cinquanta-Sessanta a

sostituire una precedente palizzata di "passoni" addirittura con

rete da pollaio e filo spinato...

Ora, visto così da fuori e da lontano, a prima vista oggi il Parco

sembra una qualsiasi zona verde di una moderna cittadina.

Anzi dal piccolo ponte che porta al Centro Storico se ne ha

proprio una bella vista, lussureggiante, il che potrebbe indurre a

credere che sia curato, lo si percepisce invitante e viene la voglia

di andarci, entrarci, sedervisi a goderne la pace e la frescura...

Un muretto di cinta ringhierato parte dall'odierno angolo di Sud-

Ovest fino al cancello principale, a ridosso del portale della

"Barchessa", con un bel marciapiede per arrivarci.

Già... il problema è arrivarci, dato che l'intero spazio antistante

(solo nelle intenzioni un marciapiede), una volta ottenuta

l'iscrizione UNESCO di Trogir a metà Anni Novanta, è tornato ad

essere letteralmente invaso da veicoli.

Di per sé ampio e comodo, ma le vetture vi vengono regolarmente

parcheggiate in doppia fila, in diagonale, di traverso, ed i pedoni

devono o scendere sulla strada, stretta e trafficatissima, o infilarsi

nella gincana, solo che le auto, con l'arrivo del caldo, vengono

fatte volentieri "arieggiare" a portiere aperte, bloccandolo così del

tutto il risicato passaggio rimasto...

Scopriamo come si tratti di una vera "centrale" di tassì, utilizzata

soprattutto durante il periodo turistico di alta stagione, il che vale

a dire oltre buona metà dell'anno, e con l'aggiunta di qualche auto

privata.

Comunque da apprezzare lo spiccato senso

dell'umorismo tipicamente croato, verrebbe da

dire quasi "all'italiana"...

Il cartello ufficiale, ben visibile sotto a destra,

secondo le norme internazionali starebbe lì ad

"imporre" addirittura un divieto di fermata

- neppure quei 5 minuti canonici! - in netto

contrasto con altri cartelli privati di epoca varia.

L'angolo "falsato" di Sud-Ovest

L'originario angolo di Sud-Ovest all'allestimento del Parco nella prima metà

dell'Ottocento

L'attuale angolo di Sud-Ovest in seguito alla costruzione del supermercato

nella seconda metà del Novecento

Da notare come dal medesimo angolo verso Nord e lo stretto

ingresso merci del supermercato, il tratto di nuovo muro sia già

gravemente vandalizzato, con la ringhiera quasi totalmente

asportata.

Quest'apertura funge in pratica da "nuovo ingresso principale" al

Parco, un libero varco a latere per la ragguardevole "clientela"

fissa di sbandati, drogati, bande di giovinastri e gruppetti di

alcolisti - una vera piccola "Drog-ir" nel Parco.

Voltato l'angolo, a completare l'opera cassonetti della raccolta

imballaggi, sottodimensionati, quindi stracolmi e sempre

spalancati, oltre altri rifiuti di ogni tipo...

Aggiornamento

Dopo aver importunato per oltre due anni ogni

possibile istanza cittadina, vediamo un primo

piccolo ma gratificante risultato che, per onestà

mentale, va segnalato.

Finalmente il tratto di vecchia ringhiera semidistrutto

è stato sostituito!

Il maestoso cancello d'ingresso

Monumentale, forse quasi "esagerato", ma senz'altro

rappresentativo dell'idea di Parco "ABC" - Agricolo-Botanico-

Culturale - dei fratelli Garagnin e stilisticamente congruo con le

opere murarie pianificatavi dall'architetto veneziano Giannantonio

Selva a inizi Ottocento.

Sopra il progetto di massima del grande cancello d'ingresso principale dalla Strada

Postale Sebenico-Spalato, probabile opera dell'architetto padovano Andrea Rigata, poi

realizzato nel 1811.

Da confrontare stilisticamente la "pesantezza" delle colonne del cancello, comunque

funzionalmente richiesta per esigenze di staticità strutturale (di palladiana memoria -

vedi Villa Cordellina a Montecchio Maggiore in Provincia di Vicenza), con la leggera

eleganza e lo slancio di uno degli originari schizzi del portale d'ingresso sul lato Ovest

dell'Orangerie.

Quest'ultimo sì dalla mano di Giannantonio Selva (anche rimarchevole la differenza

estetica fra i due vasi a urna di appesantimento delle colonne del cancello

- proporzionati - e gli ariosi, minuti, quasi galleggianti terminali a sfera del portale).

Di seguito il cancello fotograficamente documentato in diversi

periodi storici, a testimoniare il permanere di un certo status

sociale del Parco e la drastica trasformazione sia funzionale che

percettiva dell'ingresso, o degli ingressi, dovuta al notevole

abbassamento subito dal piano stradale antistante della vecchia

Provinciale.

Le più recenti fasi storiche - dal Primo e Secondo Dopoguerra alla fine del secolo

scorso - dell'ingresso principale del Parco.

Il cambiamento di maggior rilievo appunto quel notevole abbassamento del livello

stradale, per cui se il cancello viene originariamente pianificato per l'accesso sia

pedonale che di cavalli e carrozze, pienamente integrato fisicamente nel sistema

stradale e allo stesso tempo anche nella dimensione "sociale" dello spazio urbano, di

fatto risulta oggi "monumentalmente avulso" su quel piedestallo di ben quattro gradini

neppure centrati in asse con l'ingresso, ma piazzati lateralmente...

Il cancello principale come appare oggi:

non un ingresso ma una barriera, socchiuso e quasi invitante ma

menzognero, sverniciato e in malo stato (in accentuato contrasto

con la ringhiera di fattura molto più recente), la cui scalinata

rimane per giunta quasi permanente bloccata da auto in sosta

- insomma un falso messaggio!

Perché qui abbiamo un piccolo inconveniente e una cosa è

purtroppo sicura:

targa o non targa UNESCO, cartello o non cartello informativo, di

qui non si passa!

No, non solo per l'occasione, non solo oggi o quest'anno,

purtroppo di qui proprio non si passa - punto.

Nota

Qualche cenno di Storia Croata per chi in Italia con polifemico sguardo si intestardisca

a vedere la Dalmazia esclusivamente come "terra italiana", ignorandone la vera identità

fatta anche - ma non solo - di cultura romana e veneziana.

La via cittadina su cui affaccia il cancello è oggi intitolata a Trpimir I di Croazia, o

Trepimerus o Aprimirus, principe della cosiddetta "Croazia Bianca", fondatore della

dinastia dei Trpimirović, vassallo dell'Imperatore dei Franchi Lotario I e al tempo stesso

autonomo stratega tra Franchi e Bizantini, incoronato nell'845 a Clissa/Klis,

"imprendibile" fortezza sulla strada per Signo/Sinj.

Emette nell'852 un editto in Latino a Biać, "in loco Byaci dicitur", a formale conferma di

donazioni del suo predecessore all'Arcivescovo di Spalato, di fatto affermando sé

stesso "Dux Chroatorum iuvatus munere divino", "per grazia di Dio, Duca dei Croati", e il

suo territorio "Regnum Chroatorum", a lui dovuta la diffusione di monasteri benedettini

in Croazia, fondatore lui stesso di uno a Salona.

Stiamo parlando di territori e luoghi altamente simbolici per la popolazione locale e non

solo, come Klis e Sinj.

La prima, Clissa, a dominare strategicamente il valico di comunicazione fra entroterra e

costa dalmati a Salona, cittadella illirico-dalmata già nel II sec aC, nel 9 dC "castrum

romanum Clisium", da clavis, "chiave dell'Occidente", lungo la strada per la Pannonia

inferiore, oggi ancora in Croato Klis, da kljuć, sempre chiave, dagli inizi del VII sec

àvaro-slava, residenza dei principi croati, dal XII sec ungherese, nel 1171 la slava Clissa

e la latina Spalato firmano un trattato di pace.

La seconda, Signo, nota per il suo santuario mariano alla Madonna di Signo o Gospa

Sinjska e annesso convento francescano, oggi teatro annuale la prima domenica di

agosto della famosa "giostra", il torneo cavalleresco, la cosiddetta "Sinjska Alka",

inclusa nel Patrimonio Immateriale dell'Umanità UNESCO, a perenne commemorazione

della vittoria del 1715 sugli Ottomani (spessissimo genericamente quanto qui

erroneamente chiamati "Turchi", in questa per molti versi estrema terra occidentale di

confine fra due mondi).

La "Barchessa"

L'elemento architettonico "più pubblico" di ciò che resta del

complesso rimangono le scuderie o "stalle", richiedendo l'attività

del Parco animali da traino e da soma.

La Barchessa si evolverà più di una volta e rimarrà incompiuta,

stalla, ma anche rimessa per attrezzi agricoli e magazzino di

stoccaggio dei prodotti da vendere, soprattutto cereali.

Da tipica, povera, bassissima costruzione di campagna con muri

a secco (se ne possono vedere tuttora nei villaggi) si "adornerà"

di muri con pietre lavorate, portali, finestre e marcapiani, inoltre si

eleverà di un piano soppalcato.

All'ingresso principale del Parco, attraverso il pomposo cancello,

se ne affiancherà uno di utilità, a sottolinearne la duplice finalità,

la produttiva e la culturale, anzi la Barchessa verrà servita da tre

ingressi a portale, oltre quello Sud "sulla Strada Postale",

allineato in asse con uno dei due grandi viali interni, anche due

laterali.

Due progetti di fusione delle preesistenti opere architettoniche della Barchessa, che ne

prevedono un incremento volumetrico anche attraverso un prolungamento, con

evidenziati sia il grande cancello dell'ingresso di rappresentanza, a sinistra, che il

portale di utilità, al centro della facciata.

Sopra, la prima proposta, attribuibile all'ingegnere militare Giovanni Printz, di cui si

ritroverà menzione nel 1825 e nel 1833 nella Gazzetta Privilegiata di Milano (all'epoca

austriaca) come appartenente alle unità del Corpo del Genio di stanza presso la

fortificazione di Mantova.

Sotto, la seconda, probabile opera di Andrea Rigato, architetto vicentino morto in

giovane età, tra l'altro professore e studioso del Palladio, autore di divesi scritti al

riguardo, tra cui il più conosciuto "Osservazioni sopra Andrea Palladio", edito a