Professor Emeritus Hans Küng è esplicito: "La Chiesa Cattolica si richiama a Gesù

Cristo come origine e fondamento!" - tutt'altra cosa è l'attuale cosiddetto 'Sistema

Romano' o, meglio, Centralismo Medioevale Romano, che nasce soltanto nell'XI sec.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"Benedetto XVI ha fallito

 

                                   

I Cattolici perdono la fiducia"

 

                                   

 

                                   

di Hans Küng

 

                                   

Da La Repubblica - 15 aprile 2010

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"Negli anni 1962-1965 Joseph Ratzinger - oggi

Benedetto XVI - ed io eravamo i due più giovani

teologi del Concilio.

 

Oggi siamo i più anziani, e i soli ancora in piena

attività.

 

 

Ho sempre inteso il mio impegno teologico come

un servizio alla Chiesa.

 

Per questo, mosso da preoccupazione per la

crisi di fiducia in cui versa questa nostra Chiesa,

la più profonda che si ricordi dai tempi della

Riforma ad oggi, mi rivolgo a voi, in occasione

del quinto anniversario dell'elezione di Papa

Benedetto al soglio pontificio, con una lettera

aperta.

 

È questo infatti l'unico mezzo di cui dispongo

per mettermi in contatto con voi.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Avevo apprezzato molto a suo tempo l'invito di Papa  Benedetto,

che malgrado la mia posizione critica nei suoi riguardi mi accordò,

poco dopo l'inizio del suo pontificato, un colloquio di quattro ore,

che si svolse in modo amichevole.

 

Ne avevo tratto la speranza che Joseph Ratzinger, già mio collega

all'Università di Tübingen, avrebbe trovato comunque la via verso

un ulteriore rinnovamento della Chiesa e un'intesa ecumenica,

nello spirito del Concilio Vaticano II.

 

 

Purtroppo le mie speranze, così come quelle di tante e tanti

credenti che vivono con impegno la fede cattolica, non si sono

avverate;

ho avuto modo di farlo sapere più di una volta a Papa Benedetto

nella corrispondenza che ho avuto con lui.

 

Indubbiamente egli non ha mai mancato di adempiere con

scrupolo agli impegni quotidiani del papato, e inoltre ci ha fatto

dono di tre giovevoli Encicliche sulla fede, la speranza e l'amore.

 

 

Ma a fronte della maggiore sfida del nostro tempo il suo

Pontificato si dimostra ogni giorno di più come un'ulteriore

occasione perduta, per non aver saputo cogliere una serie di

opportunità:

 

 

- È mancato il ravvicinamento alle Chiese Evangeliche, non

considerate neppure come Chiese nel senso proprio del termine:

da qui l'impossiblità di un riconoscimento delle sue Autorità e

della celebrazione comune dell'Eucaristia.

 

 

- È mancata la continuità del dialogo con gli Ebrei:

il Papa ha reintrodotto l'uso preconciliare della Preghiera per

l'Illuminazione degli Ebrei;

ha accolto nella Chiesa alcuni Vescovi notoriamente scismatici e

antisemiti;

sostiene la beatificazione di Pio XII;

e prende in seria considerazione l'Ebraismo solo in quanto radice

storica del Cristianesimo, e non già come Comunità di fede che

tuttora persegue il proprio cammino di salvezza.

 

In tutto il mondo gli Ebrei hanno espresso sdegno per le parole

del Predicatore della Casa Pontificia, che in occasione della

liturgia del Venerdì Santo ha paragonato le critiche rivolte al Papa

alle persecuzioni antisemite.

 

 

- Con i Musulmani si è mancato di portare avanti un dialogo

improntato alla fiducia.

 

Sintomatico in questo senso è il discorso pronunciato dal Papa a

Ratisbona:

mal consigliato, Benedetto XVI ha dato dell'Islam un'immagine

caricaturale, descrivendolo come una Religione disumana e

violenta e alimentando così la diffidenza tra i Musulmani.

 

 

- È mancata la riconciliazione con i nativi dell'America Latina:

in tutta serietà, il Papa ha sostenuto che quei popoli colonizzati

"anelassero" ad accogliere la Religione dei conquistatori europei.

 

 

- Non si è colta l'opportunità di venire in aiuto alle popolazioni

dell'Africa nella lotta contro la sovrappopolazione e l'AIDS,

assecondando la contraccezione e l'uso del preservativo.

 

 

- Non si è colta l'opportunità di riconciliarsi con la scienza

moderna, riconoscendo senza ambiguità la teoria dell'evoluzione

e aderendo, seppure con le debite differenziazioni, alle nuove

prospettive della ricerca, ad esempio sulle cellule staminali.

 

 

- Si è mancato di adottare infine, all'interno stesso del Vaticano,

lo spirito del Concilio Vaticano II come bussola di orientamento

della Chiesa Cattolica, portando avanti le sue riforme.

 

Quest'ultimo punto, stimatissimi Vescovi, riveste un'importanza

cruciale.

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

Questo Papa non ha mai smesso di relativizzare

i testi del Concilio, interpretandoli in senso

regressivo e contrario allo spirito dei Padri

Conciliari, e giungendo addirittura a contrapporsi

espressamente al Concilio Ecumenico, il quale

rappresenta, in base al Diritto Canonico,

l'Autorità suprema della Chiesa Cattolica:

 

                                   

 

                                   

- ha accolto nella Chiesa Cattolica, senza precondizione alcuna,

i Vescovi tradizionalisti della Fraternità di S. Pio X, ordinati

illegalmente al di fuori della Chiesa Cattolica, che hanno ricusato

il Concilio su alcuni dei suoi punti essenziali;

 

- ha promosso con ogni mezzo la Messa Medievale Tridentina, e

occasionalmente celebra egli stesso l'Eucaristia in Latino,

volgendo le spalle ai fedeli;

 

- non realizzato l'intesa con la Chiesa Anglicana prevista nei

Documenti Ecumenici ufficiali (ARCIC), ma cerca invece di

attirare i preti anglicani sposati verso la Chiesa Cattolica Romana

rinunciando all'obbligo del celibato;

 

- ha potenziato, a livello mondiale, le forze anticonciliari all'interno

della Chiesa attraverso la nomina di alti responsabili

anticonciliari (ad es.: Segreteria di Stato, Congregazione per la

Liturgia) e di Vescovi reazionari.
 

 

Papa Benedetto XVI sembra allontanarsi sempre più dalla grande

maggioranza del Popolo della Chiesa, il quale peraltro è già

di per sé portato a disinteressarsi di quanto avviene a Roma, e

nel migliore dei casi si identifica con la propria parrocchia o con

il Vescovo locale.

 

So bene che anche molti di voi soffrono di questa situazione:

la politica anticonciliare del Papa ha il pieno appoggio della Curia

Romana, che cerca di soffocare le critiche nell'Episcopato e

in seno alla Chiesa, e di screditare i dissenzienti con ogni mezzo.

 

 

A Roma si cerca di accreditare, con rinnovate esibizioni di sfarzo

barocco e manifestazioni di grande impatto mediatico, l'immagine

di una Chiesa forte, con un "Vicario di Cristo" assolutista, che

riunisce nelle proprie mani i poteri legislativo, esecutivo e

giudiziario.

 

Ma la politica di restaurazione di Benedetto XVI è fallita.

 

 

Le sue pubbliche apparizioni, i suoi viaggi, i suoi documenti non

sono serviti a influenzare nel senso della Dottrina Romana le idee

della maggioranza dei Cattolici su varie questioni controverse, e

in particolare sulla morale sessuale.

 

Neppure i suoi incontri con i giovani, in larga misura membri

di gruppi carismatici di orientamento conservatore, hanno potuto

frenare le defezioni dalla Chiesa, o incrementare le vocazioni

al sacerdozio.

 


Nella vostra qualità di Vescovi voi siete certo i primi a
risentire

dolorosamente dalla rinuncia di decine di migliaia di sacerdoti, che

dall'epoca del Concilio ad oggi si sono dimessi dai loro incarichi

soprattutto a causa della legge sul celibato.

 

Il problema delle nuove leve non riguarda solo i preti ma anche

gli ordini religiosi, le suore, i laici consacrati:

il decremento è sia quantitativo che qualitativo.

 

 

La rassegnazione e la frustrazione si diffondono tra il clero, e

soprattutto tra i suoi esponenti più attivi;

tanti si sentono abbandonati nel loro disagio, e soffrono a causa

della Chiesa.

 

In molte delle vostre Diocesi è verosimilmente in aumento il

numero delle chiese deserte, dei seminari e dei presbiteri vuoti.

 

In molti Paesi, col preteso di una riforma ecclesiastica, si decide

l'accorpamento di molte parrocchie, spesso contro la loro volontà,

per costituire gigantesche "unità pastorali" affidate a un piccolo

numero di preti oberati da un carico eccessivo di lavoro.

 

 

E da ultimo, ai tanti segnali della crisi in atto viene ad aggiungersi

lo spaventoso scandalo degli abusi commessi da membri del clero

su migliaia di bambini e adolescenti, negli Stati Uniti, in Irlanda,

in Germania e altrove;

e a tutto questo si accompagna una crisi di leadership, una crisi

di fiducia senza precedenti.

 

Non si può sottacere il fatto che il sistema mondiale

di occultamento degli abusi sessuali del clero rispondesse alle

disposizioni della Congregazione Romana per la Dottrina della

Fede (guidata tra il 1981 e il 2005 dal Cardinale Ratzinger), che fin

dal pontificato di Giovanni Paolo II raccoglieva, nel più rigoroso

segreto, la documentazione su questi casi.

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

In data 18 maggio 2001 Joseph Ratzinger diramò

a tutti i Vescovi una lettera dai toni solenni

sui delitti più gravi ("Epistula de Delictis

Gravioribus"), imponendo nel caso di abusi il

"Secretum Pontificium", la cui violazione è punita

dalla Chiesa con severe sanzioni.

 

                                   

 

                                   

È dunque a ragione che molti hanno chiesto un personale "mea

culpa" al Prefetto di allora, oggi Papa Benedetto XVI.

 

Il quale però non ha colto per farlo l'occasione della Settimana

Santa, ma al contrario ha fatto attestare "Urbi et Orbi", la

Domenica di Pasqua, la sua innocenza al Cardinale Decano.

 

 

Per la Chiesa Cattolica le conseguenze di tutti gli scandali emersi

sono devastanti, come hanno confermato alcuni dei suoi maggiori

esponenti.

 

Il sospetto generalizzato colpisce ormai indiscriminatamente

innumerevoli educatori e pastori di grande impegno e di condotta

ineccepibile.

 

 

Sta a voi, stimatissimi Vescovi, chiedervi quale sarà il futuro delle

vostre Diocesi e quello della nostra Chiesa.

 

Non è mia intenzione proporvi qui un programma di riforme.

 

L'ho già fatto più d'una volta, sia prima che dopo il Concilio.

 

 

Mi limiterò invece a sottoporvi qui sei proposte, condivise

- ne sono convinto - da milioni di Cattolici che non hanno voce.

 

 

1. Non tacete

 

Il silenzio a fronte di tanti gravissimi abusi vi rende

corresponsabili.

 

Al contrario, ogni qualvolta ritenete che determinate leggi,

disposizioni o misure abbiano effetti controproducenti,

dovreste dichiararlo pubblicamente.

 

Non scrivete lettere a Roma per fare atto di sottomissione e

devozione, ma per esigere riforme!

 

 

2. Ponete mano a iniziative riformatrici

 

Tanti, nella Chiesa e nell'Episcopato, si lamentano di Roma,

senza però mai prendere un'iniziativa.

 

Ma se oggi in questa o quella Diocesi o Comunità i

parrocchiani disertano la messa, se l'opera pastorale risulta

inefficace, se manca l'apertura verso i problemi e i mali del

mondo, se la cooperazione ecumenica si riduce a un minimo,

non si possono scaricare tutte le colpe su Roma.

 

Tutti, dal Vescovo al prete o al laico, devono impegnarsi per il

rinnovamento della Chiesa nel proprio ambiente di vita, piccolo

o grande che sia.

 

Molte cose straordinarie, nelle comunità e più in generale in

seno alla Chiesa, sono nate dall'iniziativa di singole persone o

di piccoli gruppi.

 

Spetta a voi, nella vostra qualità di Vescovi, il compito di

promuovere e sostenere simili iniziative, così come quello

di rispondere, soprattutto in questo momento, alle giustificate

lagnanze dei fedeli.

 

 

3. Agire collegialmente

 

Il Concilio ha decretato, dopo un focoso dibattito e contro

la tenace opposizione curiale, la Collegialità dei Papi e dei

Vescovi, in analogia alla storia degli Apostoli:

lo stesso Pietro non agiva al di fuori del Collegio degli

Apostoli.

 

Ma nel periodo post-conciliare il Papa e la Curia hanno

ignorato questa fondamentale decisione conciliare.

 

Fin da quando, a soli due anni dal Concilio e senza alcuna

consultazione con l'Episcopato, Paolo VI promulgò

un'Enciclica in difesa della discussa legge sul celibato, la

politica e il magistero pontificio ripresero a funzionare secondo

il vecchio stile non collegiale.

 

Nella stessa liturgia il Papa si presenta come un autocrate,

davanti al quale i Vescovi, dei quali volentieri si circonda,

figurano come comparse senza diritti e senza voce.

 

Perciò, stimatissimi Vescovi, non dovreste agire solo

individualmente, bensì in comune con altri Vescovi, con i preti,

con le donne e gli uomini che formano il Popolo della Chiesa.

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

4. L'obbedienza assoluta si deve solo a Dio

 

Voi tutti, al momento della solenne consacrazione alla dignità

episcopale, avete giurato obbedienza incondizionata al Papa.

 

Tuttavia sapete anche che l'obbedienza assoluta è dovuta non

già al Papa, ma soltanto a Dio.

 

Perciò non dovete vedere in quel giuramento un ostacolo tale

da impedirvi di dire la verità sull'attuale crisi della Chiesa,

della vostra Diocesi e del vostro Paese.

 

Seguite l'esempio dell'Apostolo Paolo, che si oppose a Pietro

"a viso aperto, perché evidentemente aveva torto" (Gal. 2,11).

 

Può essere legittimo fare pressione sulle Autorità Romane,

in uno spirito di fratellanza cristiana, laddove queste non

aderiscano allo spirito del Vangelo e della loro missione.

 

Numerosi traguardi - come l'uso delle lingue nazionali nella

liturgia, le nuove disposizioni sui matrimoni misti, l'adesione

alla tolleranza, alla democrazia, ai diritti umani, all'intesa

ecumenica e molti altri ancora hanno potuto essere raggiunti

soltanto grazie a una costante e tenace pressione dal basso.

 

 

5. Perseguire soluzioni regionali

 

Il Vaticano si mostra spesso sordo alle giustificate richieste

dei Vescovi, dei preti e dei laici.

 

Ragione di più per puntare con intelligenza a soluzioni

regionali.

 

Come ben sapete, un problema particolarmente delicato è

costituito dalla legge sul celibato, una norma di origine

medievale, la quale a ragione è ora messa in discussione

a livello mondiale nel contesto dello scandalo suscitato dagli

abusi.

 

Un cambiamento in contrapposizione con Roma appare

pressoché impossibile;

ma non per questo si è condannati alla passività.

 

Un prete che dopo seria riflessione abbia maturato l'intenzione

di sposarsi non dovrebbe essere costretto a dimettersi

automaticamente dal suo incarico, se potesse contare sul

sostegno del suo Vescovo e della sua Comunità.

 

Una singola Conferenza Episcopale potrebbe aprire la strada

procedendo a una soluzione regionale.

 

Meglio sarebbe tuttavia mirare a una soluzione globale per

la Chiesa nel suo insieme.

 

Perciò

 

 

6. si chieda la convocazione di un Concilio 

 

Se per arrivare alla riforma liturgica, alla libertà religiosa,

all'ecumenismo e al dialogo interreligioso c'è stato bisogno

di un Concilio, lo stesso vale oggi a fronte dei problemi che si

pongono in termini tanto drammatici.

 

Un secolo prima della Riforma, il Concilio di Costanza aveva

deciso la convocazione di un Concilio ogni cinque anni:

decisione che fu però disattesa dalla Curia Romana, la quale

anche oggi farà indubbiamente di tutto per evitare un Concilio

dal quale non può che temere una limitazione dei propri poteri.

 

È responsabilità di tutti voi riuscire a far passare la proposta

di un Concilio, o quanto meno di un'Assemblea Episcopale

rappresentativa.

 

 

Questo, a fronte di una Chiesa in crisi, è l'appello che rivolgo a voi,

stimatissimi Vescovi:

vi invito a gettare sulla bilancia il peso della vostra autorità

episcopale, rivalutata dal Concilio.

 

 

Nella difficile situazione che stiamo vivendo, gli occhi del mondo

sono rivolti a voi.

 

Innumerevoli sono i Cattolici che hanno perso la fiducia nella loro

Chiesa;

e il solo modo per contribuire a ripristinarla è quello di affrontare

onestamente e apertamente i problemi, per adottare le riforme che

ne conseguono.

 

                                   

 

                                   

Chiedo a voi, nel più totale rispetto, di fare

la vostra parte, ove possibile in collaborazione

con altri Vescovi, ma se necessario anche soli,

con apostolica "franchezza" (At 4,29.31).

 

Date un segno di speranza ai vostri fedeli, date

una prospettiva alla nostra Chiesa.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Vi saluto nella comunione della fede cristiana."

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

I giorni di rinnovamento e di speranza del Concilio Vaticano II sono ormai lontani, quasi

dimenticati o cancellati!

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"Democrazia nella Chiesa:

 

                                   

il Concilio è stato tradito!"

 

                                   

 

                                   

di Hans Küng

 

                                   

Da La Repubblica - 27 gennaio 2000

 

                                   

 

                                   

 

                                   

La riflessione sul futuro della Chiesa di uno dei

più grandi teologi viventi

 

 

"Quando all'inizio degli Anni Sessanta, dopo

la prima sessione del Concilio Vaticano II,

preparavo il mio primo viaggio negli Stati Uniti

per tenervi delle conferenze sul tema 'Chiesa e

Libertà', un uditore americano mi disse:

'Sapevo che c'è la Chiesa, come sapevo che c'è

la Libertà, ma non sapevo che esse possono

stare insieme'."

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Ora, con il Concilio Vaticano II, la Chiesa Cattolica ha senza

dubbio ampliato di molto lo spazio della libertà:

libertà religiosa, libertà di coscienza, libertà di opinione, di

discorso e di stampa.

 

Contemporaneamente però non si può negare che già durante

il Concilio come dopo e in maniera particolarissima sotto l'attuale

Pontificato da parte della Curia Romana è stato fatto di tutto per

reprimere il più possibile la libertà nella Chiesa.

 

 

Si è cercato di ammutolire le voci critiche, sia che si trattasse di

un Vescovo o di un teologo, di un pastore d'anime o di una suora.

 

Intere Conferenze Episcopali vennero richiamate all'ordine e

piegate al corso vaticano da "quinte colonne" obbedienti a Roma.

 

                                   

 

                                   

Nella teologia cattolica si è di nuovo diffuso

il conformismo.

 

                                   

 

                                   

Al riguardo è sufficiente ricordare che in Germania

un'associazione femminile cattolica, fino ad ora attiva

nella consulenza in casi di gravidanze difficili, di fronte

all'atteggiamento, totalmente incomprensibile, del Papa, pretende

di organizzare autonomamente questa consulenza in accordo con

le leggi dello Stato.

 

E già il Vescovo competente dichiara che a queste donne si

dovrebbe chiudere il rubinetto delle sovvenzioni.

 

 

Oppure basta che un teologo ed emerito esegeta della Svizzera

scriva un articolo, in cui, alla luce del Nuovo Testamento, mette

in discussione le irrigidite strutture ecclesiastiche, quali si sono

formate nel corso dei secoli, perché un arrogante giovane

Vescovo, che subito dopo la sua elezione si è interamente piegato

al corso romano, pensi di dover aizzare l'intera Conferenza

Episcopale del nostro paese affinché tolga in ogni forma a questo

Professor Emeritus la fiducia che, questi, a quanto mi consta, non

ha mai goduto pienamente.

 

Inoltre i Vescovi devono ammettere che la situazione della attività

pastorale in Svizzera diventa sempre più catastrofica, il clero

cattolico è in tutto o in parte in via di estinzione e un numero

sempre maggiore di comunità si trova privo della regolare

celebrazione eucaristica.

 

 

Ma invece di impegnarsi decisamente per l'abolizione dell'infausta

legge medievale del celibato e, a certe condizioni, di ordinare

una buona volta i molti laici, uomini e donne, ben formati

teologicamente, così che le nostre comunità abbiano di nuovo

celebrazioni eucaristiche regolari, ci si profonde in manovre,

autoillusioni e vuoti appelli al laicato.

 

Basterebbe inoltre che un Vescovo leggesse la Prima Lettera

ai Corinzi per constatare che nella Comunità di Corinto, quando

l'Apostolo Paolo non era presente, gli uomini e le donne di questa

Comunità hanno celebrato l'Eucarestia senza fare ricorso a

ministri ordinati.

 

 

Questo non è affatto il modello che ora si dovrebbe esaltare

universalmente.

 

Esso però dimostra che il sacerdozio universale dei fedeli non è

una frase vuota e che le nostre Comunità non devono rimanere

senza Eucarestia per colpa della cecità e ostinazione della

Gerarchia Ecclesiastica.

 

 

Oppure basta che un noto Vescovo, il Presidente della Conferenza

Episcopale Tedesca, osi affermare che il Papa, quando non è più

in grado di assolvere pienamente il suo ufficio, avrebbe

sicuramente il coraggio di ritirarsi.

 

E subito in Italia, ma non soltanto là, si elevano enormi proteste,

come se la questione dell'abdicazione di un Papa, per motivi di

salute, fosse un delitto di lesa maestà.

 

 

Del resto una simile questione è perfettamente prevista dal Codex

Iuris Canonici;

il Papa non deve far approvare le sue dimissioni da una qualche

commissione.

 

Va però insieme osservato che con l'attuale autoritario Papa

polacco esisterebbe il serio pericolo che, in caso di dimissioni,

egli cerchi di predeterminare un successore a lui gradito.

 

 

Chi dovrebbe poter impedire al Papa di parlare con singoli

Cardinali sul candidato da lui desiderato e, quindi, di manipolare

l'elezione?

 

E a Roma sanno tutti che la gente dell'Opus Dei auspica di nuovo

un Papa ad essa vicino e ha paura che il successore del Papa

attuale possa fare ritorno al corso rinnovatore del Concilio

Vaticano II e, quindi, ridurre o eliminare il notorio influsso

dell'Opus Dei, di questa organizzazione segreta reazionaria, ma

potente finanziariamente.

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

Con ciò siamo al punto decisivo:

il Concilio Vaticano II ha cercato di rinnovare,

alla luce del Nuovo Testamento, l'intera struttura

ecclesiastica e, in particolare, di stabilire, al

posto della assolutistica autocrazia papale, la

collegialità di Papa e Vescovi.

 

                                   

 

                                   

Ma proprio su questo punto il Concilio è stato tradito, da un Papa

autoritario e da un Episcopato codardo.

 

Una discussione sulla urgentemente necessaria riforma della

Curia è stata bloccata già durante il Vaticano II, e dopo il Concilio

è stata impedita anche la riforma della Curia.

 

 

Così la Chiesa Cattolica, ad onta della splendida facciata romana,

si trova in una seria crisi strutturale e costituzionale.

 

Nel frattempo perfino tra i più fedeli della stessa Curia sono stati

sollevati dubbi che si chiedono se l'attuale stile di governo del

Papa e di certi Cardinali corrisponda ancora al Vangelo di Gesù

Cristo.

 

 

In effetti si tratta del Sistema Romano in generale, quale si è

formato come un sistema clericale, giuridico assolutistico,

soprattutto nel sec XI durante la cosiddetta Riforma Gregoriana.

 

Infatti solo a partire dal sec. XI esiste questa forma di Chiesa

del Potere e del Diritto Papale, c'è nella nostra Chiesa il dominio

assolutistico del Vescovo Romano sull'Ecclesia Catholica, c'è

questo predominio del clero sui laici, c'è la fatale legge del

celibato e così via.

 

 

Naturalmente nel nostro secolo e in particolare sotto l'attuale Papa

a ciò si sono aggiunti altri elementi specifici.

 

E se oggi nella Repubblica Federale di Germania si prende

conoscenza fin troppo tardi dei distruttivi effetti del "sistema

Kohl", si dovrebbe analizzare spassionatamente anche il "sistema

Wojtyla", che rivela sorprendenti parallelismi con il "sistema

Kohl".

 

 

Alcuni aspetti risaltano a prima vista:

 

- uno stile di governo paternalistico,

 

- circondarsi di persone che dicono sì e premiare i fedeli seguaci,

punire spietatamente gli spiriti critici,

 

- cordate e favoritismi con nomine a gente qualificata (i Cardinali

Groer e Meissner, i vescovi Haas, Krenn),

 

- tolleranza nei confronti di operazioni finanziarie oscure (legate

ai nomi di Calvi, Sindona e Marcinkus, il quale ultimo dal

Vaticano è stato sottratto alla giustizia italiana);

 

- costose imprese giubiliari, non importa da chi pagate;

 

- legame emotivo con i Capi, che sembra più importante degli

obblighi nei confronti della Comunità Ecclesiale;

 

- e in tutto ciò l'emergere di pressanti problemi e una politica,

concentrata sulla conservazione e sull'ampliamento del potere,

 

- e buon ultimo una sopravvalutazione della propria opera storica

e un ostinato attaccamento all'ufficio...

 

 

Di fronte a questo "sistema", per noi della Fondazione "Per la

Libertà nella Chiesa", il punto di vista è chiaro:

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Noi siamo contro una Chiesa del potere e del dominio,

della burocrazia e della discriminazione, della repressione e

dell'inquisizione.

 

                                   

 

                                   

Noi siamo piuttosto per una Chiesa della

filantropia, del dialogo, della sonorità e

dell'ospitalità anche per i non conformisti, del

servire non pretenzioso delle sue guide e della

sociale comunione solidaristica, che non esclude

dalla Chiesa nuove energie e idee religiose, ma

le fa fruttare.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Noi siamo contro una Chiesa dell'immobilità dogmatica,

della censura moralistica e del garantismo giuridistico, della

canonistica che tutto regola, dell'onnisciente scolastica e

della paura.

 

                                   

 

                                   

Noi siamo piuttosto per una Chiesa della lieta

novella e della gioia, di una teologia orientata sul

semplice Vangelo, che presta ascolto agli uomini

invece di essere puramente indottrinata dall'alto,

una Chiesa che non si limita a insegnare, ma è

anche sempre disposta ad imparare.

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

Visione di una Chiesa futura

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

L'oggi ottantaduenne teologo cattolico tedesco Hans Küng, uno dei più autorevoli al

mondo, voce potente della Chiesa "che cresce dal basso".

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Premessa

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Questa "visione" è stata concepita per l'incontro

della "Chiesa dal basso" a Colonia il 25 aprile

1987, in occasione della seconda visita del Papa

in Germania, e lì esposta.

 

Nella sua introduzione essa riferiva di alcuni

episodi di cronaca, illuminanti la situazione

attuale.

 

Perciò comincio subito con le quattro

Fondamentali Prospettive sul futuro della Chiesa.

 

                                   

 

                                   

                                   

 

                                   

Prima prospettiva

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Ha un futuro non una Chiesa ancorata al passato

ma una Chiesa che si rapporta alle origini e al

presente

 

                                   

 

                                   

Appartiene definitivamente al passato:

 

 

1. il modello di una Chiesa Imperiale costantiniano-bizantina,

in cui Stato e Chiesa si armonizzavano fin troppo bene e

pensavano di realizzare sulla terra il Regno di Dio;

 

 

2. anche il modello di una Chiesa Papale Medievale, in cui un

monarca, che governava in maniera teocratica, pensava di poter

dominare assolutisticamente sulle Chiese Apostoliche d'Oriente

e sulle Chiese d'Occidente, anzi sulle coscienze di tutti gli

uomini, e addirittura di poter dettare i comportamenti ai governi

civili:

 

una Chiesa che si fissa sul Papa e che ancora oggi pensa di

poter conservare il proprio potere con decreti autoritari, con

sanzioni disciplinari e strategie politiche;

 

 

3. ma anche il modello di una Chiesa Protestante di Stato o di

Prìncipi, in cui il Papa è sostituito dallo Stato o dai Prìncipi e il

sacerdozio universale dei fedeli è diventato una parola vuota

senza contenuto;

 

 

4. e infine anche il modello di una moderna Chiesa Burocratica

finanziariamente potente che, rifiutando il liberalismo e il

socialismo moderni, si è rifugiata nella centralizzazione e nella

burocratizzazione:

 

un paradigma di chiesa solo in apparenza moderno, ma

fondamentalmente medieval-contro-riformistico, quale quello

che ha ricevuto una legittimazione sacrale dal Vaticano I (1870)

e che anche dopo il Vaticano II (1962-65) cerca di imporsi con

mezzi autoritari e inquisitori e con un nuovo codice di diritto

canonico:

 

sostenuto da un culto della personalità che fa presa sulle masse

e da una politica personalistica totalmente non collegiale e non

democratica, con l'unico obiettivo di conservare il potere di

Roma.

 

 

No, la Chiesa ha un futuro soltanto a tre

condizioni:

 

 

- se, anzitutto, tiene presenti le sue origini e continua a prendere

come norma il Vangelo, Gesù Cristo stesso.

 

E ciò significa:

 

una Chiesa intesa non come apparato di potere o multinazionale

religiosa che continua a ostacolare la pratica del dialogo e della

democrazia, ma come Popolo di Dio e come Comunità dei

credenti;

 

il ministero ecclesiale inteso non come falange, come "potere

sacro" (= "gerarchia"), ma come "servizio" (= "diakonia") reso

agli uomini;

 

il Papa, non come un semidio e un autocrate spirituale, ma come

Vescovo-Guida, con il suo primato pastorale inserito

collegialmente nel Collegio dei Vescovi, a servizio dell'Ecumene;

 

 

- se, in secondo luogo, mantiene la grande Tradizione Cattolica

legittimata dal Vangelo (non però le molte piccole tradizioni

cattoliche per nulla legittimate dal Vangelo):

 

sempre risolutamente orientata verso la Comunità primitiva, ma

anche stimolata dall'apertura universale di un Origene,

dall'impegno personale e dalla potenza espressiva di

un Agostino, dall'ideale di povertà e dal religioso amore per la

natura di un Francesco d'Assisi e dalla apertura intellettuale di

Tommaso d'Aquino,

 

ma anche

 

dalle proposte autenticamente evangeliche di Lutero e Calvino

e dalla vita, dalle opere, dalla lotta e sofferenza cristiane di tutti

i nostri fratelli e sorelle vissuti prima di noi;

 

 

- se, infine, in terzo luogo, si dispone in modo nuovo ai compiti

del presente:

 

la Chiesa diventa una Comunità Solidale di fratelli e sorelle che,

lungi dall'autocelebrarsi trionfalisticamente,

 

fa questa autocritica delle proprie enormi omissioni in America

Latina, in Cina, in India, in Africa e nel Primo Mondo,

 

E per quanto riguarda la Germania:

 

tutto il rispetto per figure come Rupert Mayer e Edith Stein

- "beatificata" dal Papa in Germania - e per la loro testimonianza

cristiana sotto il Nazional-Socialismo;

 

ma motivata diffidenza verso una tale consuetudine ecclesiastica

che proviene dal Medioevo, se la singola coraggiosa resistenza,

in mezzo al generale conformismo ecclesiastico, viene sfruttata

per l'autocelebrazione papale, per la rimozione la negazione della

colpa invece che per una sua chiara confessione.

 

                                   

 

                                   

Tutte queste sono soltanto illusioni senza

speranza?

 

Niente affatto:

il nuovo futuro della Chiesa è già cominciato

 

                                   

 

                                   

Noi infatti siamo testimoni del fatto che questo nuovo futuro

comincia dal basso.

 

Esso è cominciato:

 

 

- ovunque un parroco (ce ne sono molti di più di quanto si pensi)

in questioni come la regolazione delle nascite, i matrimoni misti,

l'ammissione dei divorziati ai sacramenti, l'esercizio dell'autorità,

il riconoscimento degli errori della Chiesa, il Terzo Mondo e la

teologia della liberazione - non rappresenti semplicemente, in

conformità al Sistema, le posizioni dei Superiori Ecclesiastici

Romano-Tedeschi, ma pensi, senta e agisca con gli uomini della

sua comunità;

 

 

- ovunque un Vescovo (un Helder Camara, Oscar Romero, Evaristo

Arns, Aloisio Lorscheider, Raymond Hunthausen), in questioni

controverse, non dipende semplicemente dal Vaticano, ma in

quanto "buon pastore" e non "mercenario" si identifichi

primariamente, nello Spirito di Gesù, con gli uomini della sua

Diocesi e del suo Paese;

 

 

- ovunque un Papa (come forse un Giovanni XXIV) invece che sui

vincoli del Sistema Romano si orienti sulle esigenze del Vangelo

e sui bisogni degli uomini di oggi, e quindi promuova con parole

e gesti l'"aggiornamento" della Chiesa, l'Ecumene, la piena

cattolicità e un critico impegno evangelico;

 

ma, allora, anch'egli appartiene alla Chiesa dal basso, allora non

si comporta come il Signore, il Maestro e il Giudice Supremo

della Chiesa di Dio.

 

Allora egli è quello che, come successore del semplice,

simpatico e fallibile pescatore di Galilea, Pietro, deve essere,

secondo un'espressione di Gregorio Magno, "servo dei servi di

Dio".

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

Seconda prospettiva

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Ha un futuro non una Chiesa patriarcale ma una

Chiesa di comunione

 

                                   

 

                                   

È passato il tempo:

 

 

1. delle idee stereotipe sulle donne

 

le donne non accettano più in silenzio quello che le autorità

della Chiesa e i teologi hanno da dire su di esse, sulla loro

essenza e sul loro - evidentemente unico - ruolo nella Chiesa e

nella Società.

 

Esse si oppongono al dovere di corrispondere alle idee che se

ne sono fatti gli uomini.

 

Come cristiane maggiorenni esse vogliono e possono stabilire

chi esse - ciascuna a suo modo - siano e in che cosa ciascuna

ravvisi il proprio compito;

 

 

2. del linguaggio a senso unico

 

le donne non si rassegnano più a un linguaggio ecclesiale,

liturgico, teologico, che le esclude, le rende invisibili, le riduce

al silenzio.

 

Dal punto di vista ecclesiale, non vogliono più essere "incluse"

sotto "fratelli" e "figli".

 

Non sono più disposte a parlare di, e a Dio con concetti desunti

esclusivamente dall'ambito di esperienza dei maschi.

 

Sono sempre più frequenti le donne che si prendono il diritto

di indicare esse stesse quello che Dio significa per loro e per

la loro vita.

 

Non sono più disposte a tollerare che, nel nome di Dio Padre e

dell'uomo Gesù, nella Chiesa vengano legittimati il dominio dei

maschi e la repressione delle donne;

 

 

3. del ruolo prestabilito dei sessi

 

le donne non accettano più "in silenzio e in piena

sottomissione" la concreta prassi della Chiesa nei loro

confronti:

 

dal divieto di servire all'altare fino a quello dell'ordinazione

delle donne e a quello della regolazione artificiale delle nascite:

un unico tentativo di regolamentazione.

 

Oggi le donne non sopportano più di essere degradate a

oggetto di precetti, divieti, regole e assegnazioni di ruoli

maschili.

 

Ogni forma di dominio e di autorità che cerchi di costringere

gli altri al proprio volere invece di favorirne il processo di auto-

realizzazione, dalle donne non è ritenuta soltanto anacronistica

e ingiusta, ma addirittura un peccato.

 

Cresce ogni giorno il numero delle donne che si oppongono a

tali costrizioni e insieme lavorano per una Chiesa diversa.

 

 

La Chiesa ha un futuro soltanto a tre ulteriori

condizioni:

 

 

- se tutti si convertono:

 

se noi tutti, donne e uomini, non tolleriamo più il sessismo e il

patriarcalismo:

fin quando nella Chiesa il potere resta solo nelle mani dei

maschi, mentre dalle donne ci si aspetta che servano per amore

e rappresentino la dimensione della premura e della dedizione,

l'unità di potere, giustizia e amore, fondamentale per i Cristiani,

viene infranta e rovinata;

 

 

- se noi agiamo tutti insieme

 

se riusciamo a testimoniare in maniera credibile, con parole e

azioni, in un mondo sessistico-patriarcale, Dio come il Dio della

liberazione e della redenzione e la bontà di Dio;

 

non possiamo limitarci ad affermare a parole la somiglianza di

tutti gli uomini con Dio:

proprio nella Chiesa dobbiamo opporci attivamente alla divisione

tra uomini di prima e seconda classe;

 

 

- se cessa il clericalismo, e ministero e carisma nella Chiesa

formano di nuovo un'irrinunciabile unità:

 

i criteri più importanti per il ministero nella Chiesa non devono

più essere il sesso maschile e l'accettazione opportunistico

conformistica dello status quo.

 

Dovremmo piuttosto prendere sul serio il fatto che esistono

capacità, vocazioni, carismi diversi, che concorrono

all'edificazione, nella Chiesa, di una comunità di donne e uomini

in dialogo reciproco.

 

                                   

 

                                   

Tutto questo è un vuoto postulato?

 

Niente affatto:

il futuro della Chiesa nella linea della reciprocità

è già cominciato

 

                                   

 

                                   

Insieme noi, uomini e donne, siamo testimoni del fatto che nella

Chiesa

 

la reciprocità cresce dal basso.

 

 

- In tutto il mondo le donne hanno cominciato a smascherare il

sessismo e il patriarcalismo presenti nella Chiesa e nella teologia

cristiana;

 

esse non accettano più le strutture ecclesiastiche e teologiche di

subordinazione delle donne, ma le criticano apertamente come

espressione di un dominio ingiusto e ingiustificato.

 

 

- Per molte donne è definitivamente passata la fase in cui

si limitavano a porre domande, come pure è passato il tempo

dell'attesa in cui la Chiesa ufficiale ascolta le loro richieste ed

esigenze.

 

Le donne si prendono la libertà di agire conformemente alla loro

comprensione della fede cristiana, consapevoli di essere

anch'esse la Chiesa.

 

 

- Per molte donne essere cristiane significa: il dovere di

impegnarsi qui e ora per la liberazione degli oppressi in vista

di una vita auto determinata e umana per tutti, nella convinzione

che "in Cristo non c'è né uomo né donna" (Gal 3,28).

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

Terza prospettiva

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Ha un futuro non una Chiesa chiusa nella propria

confessione ma una Chiesa aperta all'Ecumene

 

                                   

 

                                   

È finito il tempo:

 

 

1. dell'esclusività confessionale

 

almeno a partire dai documenti del Concilio Vaticano II non è

più lecito che una singola confessione si presenti come l'unica

vera Chiesa di Gesù Cristo capace di donare la salvezza, e al di

fuori della quale nessuno può salvarsi.

 

In questo spirito innumerevoli Cristiani non tollerano più che

le Chiese si dividano, fin dentro le famiglie, a causa delle loro

contrapposizioni dottrinali e che i Cristiani screditino

vicendevolmente l'altrui appartenenza confessionale;

 

 

2. della presunzione ministerial-confessionale

 

innumerevoli cattolici, laici e sacerdoti, inoltre non accettano

più che gli atti ministeriali dei parroci protestanti (soprattutto

nella celebrazione della Cena) vengano ritenuti invalidi,

 

che il contrarre matrimonio misto venga considerato un crimine

contro la fede e la partecipazione attiva al culto evangelico un

delitto religioso,

 

che le liturgie ecumeniche siano rigorosamente vietate alla

domenica;

 

 

3. del rifiuto confessionale della Comunione:

 

in tutte le Chiese la maggior parte dei fedeli non capisce più

perché ci si escluda vicendevolmente dalla Comunione della

Cena e si considerino inefficaci o superflui i sacramenti delle

altre Chiese (con l'eccezione, nel migliore dei casi, del

battesimo).

 

Questo rifiuto della Comunione è contro lo Spirito di Gesù, che

aveva invitato alla sua tavola tutti, anche gli emarginati dalla

società religiosa.

 

È anche un rifiuto opposto allo spirito della primitiva Comunità

Cristiana, che considerava il convito della Cena come il segno

dell'unità pur in mezzo a tutte le diversità di stato, cultura,

sesso e teologia.

 

 

La Chiesa ha un futuro soltanto a tre condizioni.

 

 

- Che essa pratichi all'interno quello che predica all'esterno

 

a che serve, infatti, che dei Gerarchi della Chiesa pretendano

dal mondo riconciliazione, pace, giustizia e libertà, se essi stessi

impediscono la riconciliazione delle Comunità, allontanano

la pace nella Cristianità, calpestano la giustizia nella Chiesa

- nei confronti dei teologi, delle suore e delle donne in generale -

e soffocano la libertà nell'elezione del Vescovo e nella ricerca

teologica?

 

A che serve che il Papa, nel suo viaggio nella Regione della Ruhr

si pronunci contro la disoccupazione nella società, se non fa di

tutto per diminuire la disoccupazione nella Chiesa, rendendo

possibile un posto di lavoro, ad esempio, a tutti i teologi laici

disoccupati, dei quali hanno urgente bisogno le nostre Comunità

sempre più prive di sacerdoti?

 

 

- Che essa agli innumerevoli gesti, parole e preghiere ecumenici

faccia finalmente seguire dei fatti ecumenici:

 

come può essere credibile la Chiesa ufficiale se, nonostante

il notevole riavvicinamento delle posizioni nei dialoghi inter

ecclesiali, si ostina a sottolineare le differenze che ancora

sussistono?

 

È ora che chi guida la Chiesa traduca seriamente in atto i risultati

delle proprie Commissioni Ecumeniche di Dialogo;

 

un primo passo sarebbe, in uno dei viaggi del Papa - invece di

celebrare una delle tante, in pratica non impegnative, liturgie

della parola - la solenne abolizione delle "condanne" del tempo

della Riforma e della scomunica di Martin Lutero.

 

 

- Che essa prosegua nel rinnovamento iniziato dal Vaticano II:

 

è controproducente per la Chiesa universale e locale che il Papa

e i Vescovi, invece di favorire, comincino di nuovo a soffocare

i gruppi ecumenici da anni formatisi in molte comunità;

 

che essi, che subissano parroci e Comunità di documenti non

letti, non compiano finalmente, con realistici programmi di

unione, dei passi concreti verso l'unità.

 

                                   

 

                                   

Ma forse tutto questo è soltanto un pio desiderio

ecumenico?

 

Niente di più falso:

il futuro ecumenico della Chiesa è già cominciato

 

                                   

 

                                   

Sono in molti a confermarlo:

 

la Chiesa aperta all'Ecumenismo cresce dal

basso.

 

 

- Da anni innumerevoli teologi cattolici ed evangelici lavorano

ovunque nel mondo, con discrezione e senza preoccuparsi della

propria carriera, sulle questioni nevralgiche che dividono le

Chiese, rendendo possibile con il loro lavoro il superamento

della divisione.

 

 

- Tra le Comunità si è sviluppata in loco una multiforme

collaborazione pratica in campo sociale e formativo, nel lavoro

tra i giovani, nella consulenza e nell'assistenza agli anziani, oltre

che nelle questioni relative alla pace e allo sviluppo.

 

 

- Nelle nostre scuole molti giovani scelgono in tutta naturalezza

il proprio insegnante di religione;

 

famiglie di confessione mista rispettano da tempo la prassi

dell'altra Chiesa e prendono attivamente parte alla sua vita.

 

Anzi, innumerevoli Pastori delle Chiese separate si sono da

tempo riconosciuti vicendevolmente nella prassi e si sono

assunti la comune responsabilità dell'annuncio del Vangelo:

 

non da ultimo perché hanno capito che oggi la linea di divisione

corre sempre meno tra le Confessioni che tra fede e non fede.

 

 

- In molte comunità di tutto il mondo viene praticata da tempo

senza rumore, l'ospitalità eucaristica, considerata come

espressione di una comunione di fede già realizzata.

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

Quarta prospettiva

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Ha un futuro non una Chiesa eurocentrica ma una

Chiesa universale

 

                                   

 

                                   

È passato il tempo:

 

 

1. dell'Esclusivismo Cristiano.

 

Dopo il Concilio Vaticano II perde terreno anche nelle Chiese

del Consiglio Mondiale la convinzione, piena di sé,

 

che la fede cristiana sia l'unica Religione legittima sulla Terra;

 

che soltanto essa possa esigere il rispetto di tutti, e non anche

le altre Religioni.

 

Il fatto che le altre Religioni vengano screditate come parto

diabolico dell'autogiustificazione e dell'arroganza dell'uomo,

viene sempre più considerato incompatibile con lo spirito del

Nazareno, che ha dimostrato simpatia e persino amore verso

tanti non Ebrei;

 

 

2. del Colonialismo Europeo

 

che nell'età moderna europea l'espansione religiosa ed

economica, sostenuta da interessi militari, nel nome di Gesù

Cristo abbia distrutto intenzionalmente e sistematicamente altre

Religioni e Culture, soprattutto in America Latina e in Africa,

oggi viene deprecato da molti Cristiani, ma dai Prìncipi della

Chiesa solo di rado confessato come colpa della Chiesa stessa.

 

Baciare il suolo di Paesi stranieri è certamente cosa buona;

 

una confessione schietta della mostruosa storia delle colpe

della Chiesa e della sua corresponsabilità per le miserabili

condizioni sociali di quei Paesi, è un'altra, e certo migliore

cosa.

 

Molti Cristiani dal Sud Africa al Cile però si attendono dalla

Chiesa una chiara e netta parola di opposizione nei confronti

dei potenti che sfruttano e delle strutture politiche repressive.

 

La nostra Chiesa è ancora troppo legata agli interessi di

dominio del Primo Mondo.

 

Ovunque la Chiesa fa propri gli interessi del popolo (esempi:

Haiti, Filippine) si possono conseguire mutamenti democratici

(si spera presto anche in Cile e in Sud Africa);

 

 

3. dell'Imperialismo Romano

 

Europei aperti di tutte le confessioni oggi non tollerano più che

le Chiese Cristiane di altri continenti, sia di antica sia di recente

fondazione, vengano tenute sotto tutela.

 

Essi rifiutano un imperialismo romano che mira a legare tutte

le Chiese a un sistema giuridico e di religiosità medievale,

superato dal tempo.

 

E le tre richieste cinesi di auto sostentamento, auto

amministrazione e auto diffusione delle Chiese regionali e

nazionali non corrispondono soltanto alla concezione

contemporanea della democrazia.

 

Esse corrispondono perfettamente anche alla costituzione

cristiana originaria della Chiesa e della grande Tradizione

Cattolica del primo millennio.

 

 

La Chiesa ha un futuro soltanto in base a tre

premesse:

 

 

- in quanto, in primo luogo, ha rispetto per la verità che è sempre

più grande.

 

Nonostante tutti i suoi diritti sulla verità, la Chiesa non ha un

monopolio della verità.

 

Essa deve accettare la sfida della pretesa di verità delle altre

Religioni, senza temere di perdere la propria identità;

 

 

- ma anche in quanto, in secondo luogo, cerca di imparare dalle

altre Religioni

 

nel rispetto della storia delle altre Religioni, la Chiesa è

sollecitata ad accogliere le ricchezze non considerate delle altre

Religioni in vista dell'approfondimento della propria prassi:

 

tutte le tradizioni estetiche, meditative, liturgiche delle altre

religioni - senza confusione sincretistica;

 

 

- in quanto lascia una giusta autonomia alle diverse Chiese

nazionali, regionali e locali:

 

le Chiese devono poter dare forma, sotto la propria

responsabilità, al loro stile di vita e di organizzazione - in piena

corrispondenza alla ricchezza e alla varietà, voluta da Dio, della

storia umana.

 

                                   

 

                                   

Ma tutto questo non è pura utopia?

 

No certamente:

questo futuro globale della Chiesa è già

cominciato

 

                                   

 

                                   

Sappiamo infatti che

 

la Chiesa cresce dal basso.

 

 

- Dall'Africa Orientale all'America Latina, dall'India fino alla

Birmania, alla Thailandia e alla Corea si organizzano gruppi

di base e "Small Christian Communities" per praticare

concretamente l'amore del prossimo al di là di tutti i confini di

religione e di ideologia.

 

 

- Nelle chiese d'Africa, in particolare, ci si apre sempre più alle

tradizioni artistiche, alla danza e al gusto spontaneo della vita

proprio degli africani e si cerca, contemporaneamente, di

resistere al predominio straniero, all'occidentalizzazione

sostenuta dai governanti dell'Africa.

 

 

- In molti centri di meditazione e comunità religiose d'America,

Europa e anche Germania viene insegnato il silenzio, come negli

ashram cristiani dell'India, e non la prepotenza dogmatica;

 

il rapporto comunitario con persone di idee diverse e non

l'indottrinamento gerarchico,

 

la spontanea disponibilità a partecipare alla vita degli altri e non

un freddo distacco

 

il tutto in un comune approfondimento mistico-spirituale e

impegno politico-sociale.

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

In che cosa dunque

 

                                   

possiamo sperare?

 

                                   

 

                                   

Come si realizzeranno concretamente queste quattro prospettive

di una Chiesa futura, non lo sappiamo.

 

Nessuno di noi è così ingenuo da credere, ad esempio, che

soltanto in virtù di riforme strutturali la Chiesa Cattolica

automaticamente tornerà a crescere (le Chiese Protestanti, pur alle

prese con situazioni diverse, attestano il contrario).

 

 

In ogni caso senza di esse il futuro è compromesso, e il conflitto

tra una Chiesa dall'alto fin troppo ostinata, rassicurante,

burocratizzata, e i gruppi d'azione e di sequela aperti

all'innovazione e impegnati nelle situazioni problematiche e di

conflitto, potrebbe crescere.

 

No, noi non sappiamo come si presenterà la Chiesa del Terzo

Millennio dopo Cristo.

 

 

Ma a dispetto di tutto l'umor nero, di tutto lo scetticismo e di tutto

il diffuso cinismo, noi non ci lasciamo togliere la speranza che

la Chiesa, che ha già cominciato a crescere dal basso, finisca

ancora, come al tempo del Concilio, per imporsi e fiorire in alto:

una Chiesa dal volto umano.

 

 

Su quale fondamento?

 

                                   

 

                                   

"Nessuno può porre un fondamento diverso da

quello che già vi si trova che è Gesù Cristo."

 

                                   

 

                                   

Così Paolo (1 Cor 3,11).

 

 

In base a quale criterio?

 

                                   

 

                                   

"Io sono la via, la verità e la vita."

 

                                   

 

                                   

Così Gesù nel Vangelo di Giovanni (14,6).

 

 

Alla luce del criterio del messaggio e del destino di Gesù di

Nazareth, della sua morte e della sua resurrezione alla vita eterna,

ci si impongono due principi:

 

                                   

 

                                   

La Chiesa spesso così burocratica e poco umana

può morirementre risorge continuamente nei

nostri cuori la Chiesa di Gesù amica degli uomini

 

                                   

 

                                   

Può morire la Chiesa dal volto burocratico e poco umano.

 

Può morire una Chiesa,

 

 

- nella quale domina lo spirito maligno dell'immobilità dogmatica,

della censura moralistica, delle garanzie e sanzioni giuridiche;

 

 

- nella quale la paura del crollo di ciò che è stato custodito

gelosamente per secoli viene dominata e attribuita all'influsso

del male;

 

 

- nella quale domina la mentalità meschina dei burocrati di Curia,

degli azzeccagarbugli dei Tribunali Ecclesiastici, dei prepotenti

moralisti delle Commissioni Ecclesiastiche, dei cortigiani dei

mass media che sono di proprietà della Chiesa.

 

Gli scandali finanziari del Vaticano dell'ordine di centinaia

di miliardi, con oscure connessioni mafiose e misteriosi casi di

morte, sparirebbero definitivamente per fare posto a una politica

finanziaria trasparente.

 

E una cosiddetta "Opus Dei" - un'associazione segreta,

finanziariamente potente, con lo spirito della controriforma

spagnola e con tratti fascistoidi - non potrebbe più diffondersi

nella nostra Chiesa in modo indisturbato, con protezioni

dall'alto, dopo che da tempo sono state condannate e

scomunicate società segrete come la massoneria.

 

 

Per converso però: nel nostro cuore può

continuare a risorgere la Chiesa di Gesù, amica

degli uomini.

 

 

Infatti, nel suo Spirito, nello Spirito di Gesù, nello spirito

dell'umanità solidale, noi siamo capaci

 

- di rinunciare, tra noi, alla discriminazione e all'inquisizione:  

 

un Leonardo Boff in Brasile, uno Edward Schillebeeckx in

Olanda, uno Jacques Pohier in Francia, un Charles Curran negli

Stati Uniti, un Georg Bulanyi in Ungheria e innumerevoli altri

teologi sconosciuti dell'Asia e dell'Africa non avrebbero più

nulla da temere.

 

In un tempo in cui lo stesso Cremlino comincia a riabilitare i

propri dissidenti, sarà davvero lecito chiedersi che cosa il

Vaticano pensi di fare con i propri.

 

Si continuerà nello spirito dell'Inquisizione, che ha portato molti

di noi alla rassegnazione e alcuni addirittura sulla soglia

dell'esaurimento psico-fisico e dell'annientamento

professionale?

 

- di praticare il perdono e osare un nuovo inizio, invece di

rinfacciare la storia delle colpe tra le Chiese e le Religioni:

 

inter comunione non sarebbe più uno slogan, e la felice

manifestazione religiosa di Assisi con i rappresentanti di altre

Religioni non sarebbe più considerata come ciò che dura lo

spazio di un mattino.

 

- di impegnarci nuovamente anche in senso politico-sociale.

 

Nel movimento pacifista,

 

non soltanto per il disarmo, ma più profondamente contro la

follia degli armamenti e per uno spirito di pace a tutti i livelli

(compreso quello privato);

 

nel movimento ecologico,

 

non soltanto per la difesa dell'ambiente, ma più profondamente

contro la follia dello sfruttamento e per uno spirito di rispetto e

conservazione della creazione a tutti i livelli (compreso quello

privato);

 

nel movimento alternativo,

 

non soltanto per modi umani di produzione e consumo, ma più

profondamente contro la follia dello spreco e per uno spirito di

rinnovamento, un nuovo atteggiamento di fondo, una nuova

scala di valori per la nostra vita (anche privata);

 

nel movimento sociale,

 

non soltanto per nuovi doveri sociali, ma più profondamente

contro la follia della concorrenza e per un diverso spirito di

collaborazione e condivisione economica a livello mondiale.

 

                                   

 

                                   

Su ciò dunque si fonda la nostra "docta spes"

la nostra "provata speranza"

 

Là dove regna il suo Spirito la Chiesa ha già ora

un futuro!

 

                                   

 

                                   

Perciò possiamo conservare la speranza.