Chiariamolo subito:
nessuna autarchia "linguistica"
di
tipo
fascista!, nessun
preconcetto "fobico" contro
le
lingue straniere
o l'uso di
parole inglesi!
Sono
parole ormai
"accettate" nell'Italiano contemporaneo,
quando non abbiano
corrispondenti
altrettanto efficaci,
semplicemente
"forestierismi" insostituibili
anche a livello
"internazionale".
Però distinguiamo: di
"forestierismi"
ce ne sono
molti
molto "utili",
come autobus
o
film
o sport, ma
anche
fin troppi
del tutto "superflui",
come
day
o
meeting
o
jobs act e
questi ultimi
semplicemente
da evitare.
Tra
politici, giornalisti e
conduttori di programmi
di
intrattenimento, la
maggior parte
dei quali quasi o
assoluti "analfabeti" nelle lingue
straniere, è diventato
"di moda" usare
"anglicismi"
o "inglesismi".
Lo facciano per
darsi un "tono"
di
"autorevolezza"
o
"competenza", lo facciano ormai per
"abitudine" o
"pigrizia", lo facciano tanto
perché
"ormai così fan tutti",
il loro è una
socialmente pericolosa
macchietta
di
provincialissimo
"Italinglish" o
"Itanglese"
e per di più
dalla pronuncia molto spesso
inverosimile.
Alle
parole inglesi danno un qualche
potere "esoterico",
evidentemente
esercitato su loro stessi, contando
che lo abbia anche sugli altri,
millantando
così
una
"conoscenza"
della lingua ma solo per
nasconderne
la
loro
totale "ignoranza",
cosa che rende il loro preteso
"Inglese" oltremodo di
"getta-lì-una-parola-e-scappa",
incompetentemente e frettolosamente
"storpiato",
"comico",
"imbarazzante".
Molti dei termini
inglesi oggi usati sono
"ri-sostituibili"
(per dirlo gentilmente)
con i corrispondenti in Italiano,
evitando il dilagante
uso "improprio"
di parole inglesi
solo
"somiglianti"
o "assonanti" ad
altre italiane,
ma dal
"significato" del tutto diverso!
Questi
"anglicismi" non
sono neppure un
fenomeno
"moderno", comparendo addirittura già a metà
Settecento,
frutto di un'"anglomania"
furoreggiante
prima in
Francia
e poi in tutta l'Europa,
Italia compresa.
Sarebbe ora e sarebbe bello se anche gli
Italiani
una
buona volta per tutte
si decisessero ad imparare
davvero l'Inglese,
invece di limitarsi a
"scimmiottarlo"
con
"inglesismi" e
"angloamericanismi"
del tutto inutili
a deturpante discapito della Lingua Italiana.
Già dalla
fine
della
Prima Guerra Mondiale,
ma molto più
nel
Secondo Dopoguerra,
letteralmente "colonizzati"
dalla "cultura" degli
Alleati vincitori,
e soprattutto a seguito
del rapido
sviluppo economico degli
Anni Cinquanta,
si afferma l'American
English.
A
livello mondiale l'Inglese
viene sempre più usato
nelle
relazioni fra Stati,
nelle grandi organizzazioni
internazionali,
negli scambi
legati alla vita culturale
e
alla
ricerca scientifica,
per favorire la
comunicatività.
Si consoliderà con
Internet
ed inizierà a essere studiato
un po' più sul serio nella
scuola italiana, dal
1990
diventando di fatto l'unica
lingua straniera insegnata
a livello di scuola dell'obbligo.
Non solo per le
nuove esigenze
della
società globale
e
per l'omologazione
tecnologica e informatica,
ma anche
in
pubblicazioni e
lezioni
universitarie in molti
ambiti
scientifici l'Inglese
domina.
Gli
"anglicismi" si impongono inoltre con la
simultanea
trasmissione mondiale di informazioni standardizzate,
veicolando dovunque i medesimi
"internazionalismi"
difficilmente
eludibili o sostituibili.
Introdotti dagli
strati più colti della società
e in forma
scritta, oggi vengono
fatti propri e riutilizzati da
tutti, in
una oralità
"indotta" e
"condizionata" dai mezzi
di
comunicazione di massa.
Alcuni
settori della società
sono particolarmente
"permeabili" agli "anglicismi",
come
cinema e
televisione,
pubblicità
e marketing, mondo giovanile e
sportivo,
discipline
scientifiche, economia e
finanza.
Molti "anglicismi"
scivolano
rapidi
dentro
il
linguaggio
dando spesso luogo a
derivati
- come
"chattare",
"spoilerare"
- e loro
composti,
a fianco dei termini
("chiacchierare") ed espressioni ("anticipare"
rovinando
l'effetto sorpresa) italiani tradizionali.
Per la
pronuncia
dei prestiti integrali è poi tutto
un
approssimare, dato che l'"assimilazione" fonetica
è
minima,
quindi vengono resi col suono "più
vicino" e
con l'"ambientamento" delle consonanti finali.
Anche
nella grafia
ci sono
adeguamenti e
"contaminazioni", spesso seguendone l'errata pronuncia
italiana, neppure restando "invariati" (come
dovrebbero!),
ma col
plurale
all'Inglese...
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