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La mostra |
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La Mostra “Bugie bianche”, “White Lies” in Inglese, nasce nel 2003 con il titolo “Bunte Götter: Die Farbigkeit antiker Skulptur” o, in Inglese “Colourful Gods: The Vibrant Colours of Ancient Sculpture”, ovvero in Italiano “Dei colorati [o piuttosto ‘coloriti’…]: i colori vibranti della scultura antica”.
Apre per la prima volta alla Glyptotek o Museo di scultura di Monaco di Baviera per essere in seguito, notevolmente arricchita, trasferita alla Collection of Classical Antiquities nel Pergamonmuseum di Berlino.
La versione inaugurata il 9 ottobre scorso al Medelhavsmuseet di Stoccolma è un deciso tentativo pedagogico di far entrare nell'approccio mentale del pubblico che le sculture dell'Antichità Classica davvero devono essere state così ricche di colore quando furono create, anche se la cosa è decisamente, ma non inaspettatamente, molto più difficile di quanto si possa pensare.
Lo sa bene la Stiftung Archäologie, l'ultima in ordine di tempo a cimentarsi nel tentativo di far traballare il mito del marmo bianco delle statue antiche...
Le quelle statue marmoree bianche riempiono da secoli i musei e le loro foto da generazioni i libri scolastici e di cultura, poi filmati e video, incantando ogni volta il visitatote, il lettore o lo spettatore.
Nell'immaginario collettivo le “sculture bianche” dell'Antichità Classica, con il loro marmo salino, così scintillante nella luce del Mediterraneo, sembrano miracolosamente salvate dalla distruzione del tempo - maestose, distaccate, serene, eterne, quasi appartenenti ad un altro mondo... |
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Questa l'immagine che ha letteralmente formato la nostra percezione del Mondo Antico almeno fino ad ora
generazione dopo generazione così affascinati dalla purezza del materiale chiarezza di espressione perfezione delle forme!
Eccellente esempio di come qualsivoglia fantasia o menzogna se asserita con autorevolezza ripetuta e inculcata a sufficienza e “legittimata” da chi ne abbia interesse possa diventare “verità” addirittura storica...
Alla fin fine
venire a sapere oggi che le “classiche” città antiche non siano state affatto “bianche”
che i loro templi si dimostrino di fatto luoghi dai colori tra i più vivaci (!)
questo diventa solo motivo di grande confusione e disorientamento
e policromie à la Bollywood possono addirittura venire percepite come “scioccanti”
Perchè noi “sappiamo” che non possono essere state così
non appartengono non “possono” appartenere alla nostra cultura occidentale
qui di statue verniciate soltanto Cristi, Madonne e Santi arte povera devozionale... |
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Autori antichi e reperti archeologici attestano però univocamente come non solo le sculture, ma anche gli edifici fossero all'epoca di regola quasi del tutto o completamente decorati con dense vernici colorate .
Resti di strati di pittura ne sono stati scientificamente analizzati e, ad esempio, tracce di forte vernice blù sono state trovate addirittura sui cosiddetti “Marmi di Elgin”.
In un rapporto americano - “Archaeology in Greece, 1953, The Journal of Hellenic Studies, o “Archeologia in Grecia, 1953 (!), Il Bollettino di Studi Ellenici”, Volume 74, pubblicato nel 1954 - gli autori John Manuel Cook e John Boardman traggono le prime conclusioni scientifiche di fatti già da un secolo comunemente noti e cioè che le tecniche applicate sulle sculture per rimuovere la patina nera formatavi dalla pioggia |
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“brought out the high technical quality of the carving” |
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“mettevano in rivelanza l'alta qualità tecnica della lavorazione scultorea” |
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purtroppo però, allo stesso tempo asportandovi e distruggendovi irrimediabilmente anche |
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“a few surviving particles of colour” |
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“quei pochi frammenti cromatici sopravvissuti” |
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al lento ma inesorabile degrado causato nei secoli per lavaggio e decomposizione chimico-fisica dai fattori meteorologici. |
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I “Marmi di Elgin” |
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Parte dei cosiddetti "Marmi di Elgin", oggi esposti al British Museum di Londra |
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“Elgin Marbles” è popolarmente chiamata la collezione di oggetti archeologici in pietra a suo tempo acquisita da Lord Elgin quando era Ambasciatore Inglese alla Corte del Sultano ottomano ad Istanbul, una fase critica dello sciacallaggio di materiale del Partenone, compiuto comunque anche prima e dopo Elgin.
Il resto delle sculture superstiti del Partenone, che non siano conservate ad Atene, sono disperse nei musei di tutta Europa...
Il termine si riferisce quindi a quelle sculture, iscrizioni ed elementi architettonici, acquisiti dal Lord ad Atene tra il 1801 ed il 1805, a loro volta acquistati dal Parlamento Inglese nel 1816 per essere esposti al British Museum.
La incredibile collezione comprende sculture del Partenone, addirittura circa la metà (!) di tutto quello che è stato ritrovato, più specificatamente:
- ben 247 metri di fregio degli originali 524 metri
- 15 metri di metope degli originali 92 metri
(La metopa è un elemento architettonico del fregio dell'ordine dorico nell'architettura greco-romana, una formella in pietra, scolpita ad alto o bassorilievo, posizionata in alternanza con i cosiddetti “triglifi”.
Le metope sono spesso dei veri cicli compiuti e nel caso del Partenone, rappresentano scene mitologiche a celebrazione della vittoria ateniese sui Persiani)
- 17 figure da frontoni
- vari altri pezzi di architettura del Partenone
- oggetti da altri edifici dell'Acropoli, comel'Eretteo, i Propilei e il Tempio di Atena Nike. |
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Studi cromatici e analisi chimiche sono stati eseguiti su pezzi di questa collezione unica al mondo
dopodiché i risultati applicati a creare accurate ricostruzioni colorate delle medesime sculture usandovi pigmenti coloranti identici o comunque vicinissimi agli originali.
Oggi in tutto il mondo museale del globo vige impellente un imperativo:
ridonare alle sculture classiche che da sempre ne portano segni evidenti una superficie dipinta
una visione di di nuovo vivida della scultura arcaica in tutti i suoi dettagli creativi! |
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Due altre importanti ricostruzioni cromatiche:
- sopra, quella del "Sarcofago di Alessandro Magno", al Museo Archeologico di Istambul
- sotto, del gruppo "Enea, Memnone, Antigono e Achille", appartenente al Tesoro dei Sifni, Santuario di Apollo di Delphi, al Museo Archeologico di Delfi |
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L'Ara Pacis |
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In Italia ottimo esempio di questa riscrittura della storia dell'arte antica, arcaica e classica, è la ricostruzione innovativamente virtuale dell'Ara Pacis a Roma attraverso fasci di luce mirati |
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Martedì 19 agosto 2014, in occasione delle celebrazioni per il Bimillenario dalla morte del grande Imperatore Augusto, fondatore dell'Impero Romano e Pater Patriae, avvenuta esattamente duemila anni prima a Nola, il 19 agosto del 14 dC, a Roma l'Ara Pacis ritrova tutto lo splendore dei suoi colori originali.
La serata de “I colori dell'Ara” - promossa da Roma Capitale, Assessorato Cultura, Sovrintendenza C apitolina, ed organizzata da Zètema Progetto Cultura - rappresenta uno dei momenti commemorativi più emozionanti, quando il grande monumento celebrativo viene eccezionalmente aperto in notturna per poter essere ammirato nel suo originale incanto policromo.
La colorazione avviene in digitale, attraverso proiezioni di luce, le quali consentono di modificarne e modularne sia profili che colori in tempo reale, ed il bianco marmo torna a vivere.
I bassorilievi vengono dunque investiti da luce colorata, sia sul lato occidentale, quello dei pannelli di Enea e del Lupercale, che su quello orientale con i pannelli della Tellus e del maestoso fregio vegetale. |
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I colori sono quelli ricostruiti attraverso anni di lavoro ed ipotesi della colorazione originaria proposte dal gruppo di studio formatosi in occasione dell'allestimento del nuovo Museo e testati su un modello tridimensionale dell'altare.
Dagli incoraggianti risultati ottenuti sul modello nasce l'idea di proiettare direttamente sulle superfici in marmo dell'altare raggi di luce colorata, per ricreare, senza rischio per la sua conservazione, l'effetto totale e realistico della policromia originaria.
L'applicazione del colore avviene quindi scientificamente e secondo criteri filologici e storico- stilistici maturati dopo analisi di laboratorio, ricerche sul documentato uso del colore nell'architettura romana e confronti con la pittura romana, specialmente pompeiana, nonché cromatiche su altre architetture e sculture antiche.
Questo “restauro virtuale” sul reperto originale ridona in effetti una fondatamente verosimile ricostruzione con buona probabilità prossima all'originale.
Un evento davvero unico cui hanno voluto assistere migliaia di entusiasti per ammirare un'Ara Pacis per la prima volta tornata a risplendere come alla sua realizzazione.
La fila dei visitatori si è snodata per centinaia e centinaia di metri, riempendo Via di Ripetta, Piazza Porto di Ripetta e Lungotevere in Augusta! |
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Video da TusciaRomana.Info
Editato da La Repubblica online - Edizioni locali - Roma, 20 agosto 2014 |
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La reale nave da guerra “Vasa” |
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La nave da guerra ammiraglia della Reale Flotta Svedese - il Vasa, così come ricostruita - riccamente policroma - in un fedele modello in perfetta scala |
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Il galeone “Vasa” o “Wasa”, gioiello della Flotta Militare della allora superpotenza europea il Regno di Svezia, si capovolge ed affonda miseramente nell'agosto del 1628 al primo distacco da terra per il battesimo del mare, appena fuori Stoccolma e i cantieri navali di Wasavarvet sull'Isola di Djurgården, verso il suo viaggio inaugurale per raggiungere ed attaccare l'acerrima nemica Polonia.
Riportata in superficie con un ambiziosissimo progetto nel 1961 e letteralmente cucitogli addosso un intero museo, è l'unica nave a vela da guerra del XXVII sec conservata al mondo.
La storia del Vasa e della società che lo crea si nasconde tra l'altro nelle sue numerose sculture e decorazioni lignee: una diretta e ricchissima espressione del mondo di idee e di credenze di quell'epoca. |
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Due particolari del Vasa come oggi esposto al pubblico:
- a sinistra lo scorcio della fiancata con i portelloni dei cannoni di bordo aperti, ciascuno debitamente decorato con una testa di leone, simbolo regale svedese
- a destra, la incredibilmente sontuosa decorazione di poppa |
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Il risultato di un lavoro determinato, certosino e d'avanguardia durato decenni ed ancora in corso ci dà oggi la possibilità di rivivere in pieno la maestosità della nave, anche grazie alla fedele ricostruzione cromatica delle sue decorazioni. |
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Alcuni dei minerali usati per la decorazione policroma del Vasa esposti nel museo, sopra i pigmenti minerali e sotto quelli di natura organica |
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Sopra e sotto dettagli della collezione di sculture e decorazioni pienamente restaurate e riportate all'aspetto cromatico originale con i medesimi materiali, le medesime tecniche e seguendo le medesime procedure |
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Per chi fosse interessato ad approfondire la storia del Vasa, si raccomanda il sito Vasamuseet anche in Italiano
e naturalmente di visitarne volentieri il museo una volta a Stoccolma in occasione di un viaggio in Svezia |
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