Per un Umanesimo "laico"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"Laico" dal Latino laicus a sua volta dal Greco λαϊκός, "che

appartiene" al popolo, λαός, nel senso di "profano", "civile"*,

"sociale", "che non appartiene" o avulso da ogni contesto

religioso.

 

La moderna "laicità" per la sua diversa visione etica viene ancora

oggi molto dispregiativamente marchiata come "neo-paganesimo"

da una società "civile"*, che di civile quasi nulla ha più - tanto

tecnologicamente "avanzata", quanto sempre più ignorante, rozza,

insolente, volgare, bigotta, violenta e disumana.

 

 

In quest'Europa dalle fanatiche e antistoriche "radici giudaico-

cristiane" da un lato si enfatizza il sacrosanto "diritto" di capi

religiosi e rispettivi fedeli di affermare i propri "valori", mentre

dall'altro si continua ad ignorare il diritto di pensiero, di

espressione e di azione di quanti "religiosi" non sono,

ghettizzandoli quasi fossero "privi" di etica e di valori.

 

Implicitamente si definiscono quindi come "colte" e "complesse"

le religiosità ebraica, cristiana ed islamica, confondendo i "laici"

con "non credenti" o addirittura "atei", mostri "senza Dio"

nell'immaginario storico ed oggi "blasfemi" solo per voler

distinguere - come lecito e doveroso - la sfera spirituale e religiosa

(privata e personale) da quella politica e temporale (pubblica e

collettiva).

 

 

"Ateo", se non ho un dio, "miscredente", se ho certezze,

"agnostico" se non ho risposte, sono tutti termini coniati "per

differenza" dalla "regola" o "normalità" di avere un Dio, una fede,

una conoscenza "certa", tollerando il gran numero di religioni

esistenti, ciascuna ricca di varianti, ma rifiutando una sola

condizione contraria, l'intollerabile mancanza di una "religione".

 

Anche grazie al progresso della scienza il moderno "laicismo"

merita una nuova dignità nel suo processo di "liberazione" nato

con i primi Illuministi!

 

                                   

 

                                   

                                   

 

                                   

Morale ed etica "laica"

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Usiamo spesso "morale" ed "etica" come sinonimi e non sempre a

torto, ma una differenza c'è perché "morale" è l'insieme di norme,

regole pratiche e "valori", principi ideali, di fatto liberamente scelti

da individuo e collettività per determinare i propri comportamenti,

mentre l'"etica" ne contiene inoltre quella riflessione speculativa

necessaria a darne una spiegazione razionale e logica sui

"perché" di tale scelta.

 

L'etica è quindi l'insieme di norme e di valori che regolano il

"comportamento" umano, verso sé stessi e verso gli altri, nonché

di criteri di giudizio dei comportamenti propri e altrui, rispetto a

"bene" e "male".

 

 

Tali valori "morali" - dal Latino mos, moris, costume, a sua volta

dal Greco antico ήθος, ethos, carattere, comportamento, costume,

consuetudine - fanno dell'etica una "filosofia morale", che si

occupa dei comportamenti umani, distinguendoli in buoni/cattivi,

giusti/ingiusti, leciti/illeciti, convenienti/sconvenienti, sempre

secondo un modello comportamentale "ideale" di una "morale" o

"moralità" umana basata appunto sulla distinzione tra bene/male,

giusto/sbagliato, virtù/vizio, giustizia/crimine.

 

Ordinare tali criteri dubitandone comporta anche razionalizzare

sentimenti spesso "colpevolizzanti", frutto di condizionamenti

"culturali" subiti dall'inconscio già dai primi anni di vita, prendere

coscienza dell'innegabile, istintivo ed intuitivo "rifiuto"

dell'episteme giudaico-cristiana, fatto di rinuncia, peccato,

sconfitta, morte, avvilimento della carne e repressione delle

emozioni, senza neppure comprenderne i perché.

 

 

Una necessaria "decostruzione" del mito", attraverso analisi

critica della storia umana, studio dei comportamenti umani nei

rispettivi contesti storici, economico-sociali e religiosi, per capire

quanto probabile sia che le cose siano andate davvero così come

ci sono state inculcate.

 

Perché il "libero pensiero" può essere etico ed ateologico allo

stesso tempo, perché il "libero pensiero" non conduce

automaticamente ad un materialismo dell'"avere" che ignori

l'"essere", dell'immagine che trascuri la sostanza.

 

 

Decostruire i tre monoteismi significa dimostrare come

- nonostante oggettive differenze storico-geografiche, continui

antagonismi reciproci, supposta comune "bontà" del messaggio

(comunque sempre settario) - la loro storia sia di fatto una

ininterrotta successione di odio e violenza.

 

Odio e violenza da parte di alcuni umani, sedicenti "depositari-

interpreti" di una presunta "verità assoluta", su altri umani,

colpevoli di troppo sangue innocente, di guerre sacrilegamente

fatte "sante", distruzioni, massacri, etnocidi, genocidi,

oppressioni, repressioni, umiliazioni, inquisizioni, torture, inutili

sofferenze...

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                   

Odio verso l'intelligenza umana (imbrigliata o disprezzata), la vita

sulla Terra (svalorizzata da un al-di-là), il corpo umano (negato e

mortificato), la donna (temuta e demonizzata), comandando "in

nome di Dio" "cosa" fare o non fare, "come" vivere e pensare per

essergli graditi, pretendendo e millantando una competenza

"unica" nell'interpretazione di quello che vuole.

 

Una reiterata somma di "orrori", più che di "errori", delle teocrazie

che addirittura finisce per diventare corpus di verità indiscutibili,

pena lapidazioni, roghi e fatwa, rivendicando un "potere" datogli

da "qualcuno" (!?) che, non a caso, sempre parla solo per bocca

"loro".

 

 

L'unico rimedio alla teocrazia rimane la "democrazia", potere

sovrano del popolo, contro il preteso magistero dei rappresentanti

di un Dio.

 

Decostruire i monoteismi è quindi "demistificarli", smontarne le

rispettive teocrazie ed il loro arrogato potere, creare una vera

morale umanistica in cui l'intelligenza non sia una presunzione, la

vita non una dannazione, la Terra non una valle di lacrime, il

corpo non una punizione, il piacere non un peccato, la donna non

una maledizione".
 

 

L'episteme giudaico-cristiana tende da sempre ad invadere tutto lo

"scibile", anche quello "laico".

 

Liberarsi dalle catene di duemila anni di condizionamento e

tornare ad una vita libera da sensi di colpa, deve categoricamente

fondarsi sulla concezione che piaceri, emozioni e passioni siano

eticamente perseguibili, rispettando le esigenze della libertà altrui

ed i meccanismi della società civile.

 

 

Il concetto di pensiero come funzione materiale "atomica" del

cervello è antichissimo, espresso da Democrito due millenni e

mezzo fa, e molto prima dell'etica "cristiana" esiste una "morale"

orientata al bene, anche se il "bene" di Socrate come semplice

"agire secondo ragione" possa oggi sembrarci una convinzione

ingenua, dato che possiamo anche agire sapendo di fare il male.

 

Già un mondo destinato a dissolversi nel nulla come quello

romano (leggi Seneca e Lucrezio tra altri) trova possibile

armonizzare "virtù" quali:

 

pietas, devozione

 

- dignitas,  autostima

 

- auctoritas, autorità spirituale

 

- aequitas, giudizio indulgente

 

ma anche

 

- comitas, cordialità

 

- clementia, misericordia

 

- firmitas tenacia

 

- frugalitas, semplicità

 

- gravitas, serietà

 

- honestas, rispettabilità

 

e ancora

 

- humanitas, umanità

 

- industria, duro lavoro

 

- prudentia saggezza

 

- salubritas, salute

 

- severitas, autocontrollo

 

- veritas, onestà...

 

 

Questo nonostante la tradizione "paolino-cristiana" abbia voluto

dispregiativamente bollare "pagano" quel mondo

rappresentandocelo come "decadente", ma mai come la nostra

cosiddetta "civiltà dei consumi e mass media", che al contrario

rivaluta i piaceri materiali tutto a scapito del pensiero e della

spiritualità.

 

Un mondo l'odierno che comunque soltanto a livello di

superstizione sarebbe disposto a tornare indietro!

 

 

A questo punto non resta quindi che scegliere fra una vita

"materialista" pregna di superstizione primitivo-religiosa, senza

porsi domande nella contraddizione e sperando in un "al-di-là"

migliore, o confrontarsi con la propria ragione e crearsi una nuova

etica, "qui-e-adesso", anche senza necessariamente un dio che ci

giudichi, premi o punisca.

 

Perché è profondamente falso che sia impossibile un'etica senza

una fede, mentre è piuttosto vero il contrario, che la "fede" possa

generare comportamenti giustificati dalla "religione", ma non dalla

"coscienza", inumane aberrazioni di comportamento umano cui ci

stiamo quasi impercettibilmente abituando.

 

 

La nostra libertà di arbitrio può senz'altro condurci a tolleranza,

imparzialità, appartenenza non fanatica, equilibrio di giudizi e

scelte, non condizionamento da pregiudizi, un relativismo da

umani "giusti".

 

La regola aurea per "variamente" credenti come per

"diversamente" credenti resta:

 

                                   

 

                                   

"Non fare agli altri quello che non vorresti fosse

fatto a te" nella sua migliorata versione

 

"Fa' agli altri ciò che vorresti ti venisse fatto!".

 

                                   

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Morale ed etica universale

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Un umanesimo "laico", secolare, "sacro" di umano piuttosto che

di religioso, da e per "diversamente credenti" - "laici," "atei",

"agnostici", "scettici" e "liberi pensatori" - in cui riconoscersi e

ritrovarsi insieme.

 

Una filosofia di vita "laica", razionale ed etica, un modo di

guardare il mondo, di esservi presenti - con rispetto, passione,

responsabilità, opinioni, comportamenti e opere da non credenti.

 

 

"Credere" o "non credere" non è la vita ma la qualifica di

"consapevolezza", dalla singola individuale a quella vissuta

insieme collettiva, in una vera rivoluzione "culturale" pacifica,

perché un comportamento etico e caritatevole "può" essere

religiosamente ispirato, ma è "d'obbligo" nel mondo profano", ad

esempio il comportamento etichettato "cristiano" identicamente

comune ai molti che Cristiani non sono, travalicando

appartenenze religiose istituzionali o meno che siano.

 

 

"Natura" è tutto ciò che esiste e in essa noi siamo chiamati ad

essere non "signori" e "padroni", ma massimi "responsabili",

appartenenti ad una medesima specie dalle peculiari abilità.

 

Capace di dare a ciascuno "dignità" in quanto umano,

permettendo la personale realizzazione di sé e allo stesso tempo

una proficua convivenza insieme, al massimo delle potenzialità ed

entro i limiti  di questa vita, di questa natura, una armoniosa

convivenza con i nostri simili, gli altri animali, l'ambiente tutto,

sulla Terra, nell'Universo.

 

 

Idee e comportamenti sani fondati su osservazione ed esperienza,

senza bisogno di "religioni" né di "ideologie" - "dèi", "verità"

rivelate, "dogmi", libri "sacri", "intermediari" del soprannaturale e

di altre astrattezze quali chiavi di lettura del mondo.

 

Una semplice visione "laica", fonte di ispirazione ed aspirazioni, 

una schietta "concezione" di quanto "in noi" e "intorno a noi" 

nella sua realtà naturale, che ci sproni ad arricchire la vita e ci dia

speranza di possibili suoi continui miglioramenti, una pragmatica

e rispettosa "filosofia del vivere" che ci restituisca misura, valore

e dignità "in quanto umani".

 

 

Riferimenti valoriali i massimi "condivisibili" e minimi

"indispensabili", espressione consapevole di "chi" siamo e

"come" scegliamo di esserlo, solido, positivo orientamento nelle

scelte "pratiche" del quotidiano e quelle "strategiche" di un futuro

vicino e lontano:

 

- che la natura è tutto ciò che esiste e tutto ciò che esiste esiste

in natura, anche tutto di noi, corpo, mente e spirito

 

- che intelligenza e ragione sono gli strumenti più affidabili per

avvicinarci alla vera "essenza" di quanto esiste

 

- che i più alti valori etici sono quelli di convivenza pacifica e

comune progresso in libertà e rispetto reciproco

 

- che la realizzazione di sé stessi è il piacere della vita e

godercene con "passione" la sua massima espressione

 

- che da esseri umani autocoscienti, intelligenti e sensibili

assumiamo "responsabilità" del mondo, non il "dominio".

 

Un'etica laica dell'"umanesimo", del "secolarismo" e del "libero

pensiero" basata esclusivamente sulle nostre facoltà umane di

logica, ragione e intuizione, senza bisogno di riferire a mistificate

e mistificanti "rivelazioni soprannaturali".

 

 

La maggioranza di concetti morali "laici" nascono infatti

dall'accettazione di "contratti" sociali e riconoscimento

dell'"intrinseco" valore delle cose, frutto di "intuizione" etica o

"deduzione" logica, che creano "preferenze" di comportamenti.

 

Un processo in cui l'abilità umana di empatizzare determini

fondamenti etici, mentre ragione e logica ne traggano "principî"

normativi di comportamento, tutto qui.

 

 

La moralità "universale", conoscenza del giusto e dello sbagliato,

si basa sulla migliore comprensione umana dei propri interessi,

sia individuali che collettivi e non deriva né da lontano

"trascendentale" né da vicino "locale", principî di condotta

individuale "socialmente e politicamente validi", per la loro

capacità di migliorare l'essere umano e minimizzare la sua

sofferenza responsabilizzandolo.

 

Gli esseri umani hanno il diritto e la responsabilità di dare senso e

forma alla loro vita, costribuendo a costruire una società davvero

"umana", fondata sui valori "naturali" dettati dalla ragione e dalla

libera indagine, senza "visioni" soprannaturali della realtà, nel

rispetto degli altri.

 

 

La religione non è assolutamente necessaria per avere un

comportamento "morale", perché questo si ispira a valori umani

indipendenti da qualsiasi credo "religioso".

 

L'orientamento prevalentemente negativo della tradizionale etica

religiosa fa delle proibizioni il limite di ciò che una società è

disposta a tollerare del peggio delle persone, senza guidarle a

dare il loro meglio, mentre l'etica razionale può stimolarle ad una

vita etica piena, senza dimenticare comunque come molti principi

siano comuni, come ad esempio la cosiddetta "Regola d'oro", il

principio della reciprocità, l'equilibrio cioè in un contesto sociale

interattivo in cui ciascuna parte ha diritti ma anche doveri, da cui

la norma della complementarità per cui i "diritti di ciascuno" sono

i "doveri di tutti" verso l'altro.

 

                                   

 

                                 

 

                                   

 

                                 

                                   

 

                                   

Per approfondire

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Per approfondimenti personali su "morale" e "etica" laiche ecco

alcuni filosofi chiave:

 

 

Immanuel Kant


Solo una
"buona volontà" è moralmente lodevole, cioè l'azione

fatta per il suo stesso bene, non l'apparentemente "etico", fatto

per ragioni sbagliate e neppure l'agire determinato dal risultato

 

 

John Stuart Mill
 

Fondamentale il "risultato finale", le buone conseguenze - felicità,

piacere, soddisfazione, benessere di umani e animali, contro ogni

limitazione di libertà di opinione, gusto e condotta anche sessuale

 

 

George Jacob Holyoake
 

È "bene fare il bene", conia il termine "secolarismo", codice di

doveri in questa vita, frutto di considerazioni puramente umane,

per migliorarla con mezzi materiali e con l'aiuto della scienza

 

 

Friedrich Wilhelm Nietzsche
 

"Dio è morto", quindi no a condizionamenti, regole e obblighi

derivanti da credenze religiose, slancio vitale, libertà, spontaneità,

amore per la vita, la creatività, spontaneità del vivere naturale.

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Inoltre una lettura sulle radici giudaico-cristiane dell'Europa, molto "raccomandabile"

proprio perché in libera dialettica (!) contro le tesi qui esposte

 

"Il (falso) problema delle radici cristiane"
 

Daniele Ercoli

Università degli Studi di Trieste, Polo universitario di Gorizia

A.a. 2003-2004

 

                                   

 

Consultabile e scaricabile qui

               

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

War Room Books

Davide Giacalone dialoga con Sante Lesti

"L'identità storica e culturale dell'Europa

 un frutto di tante radici"

 

InConTraSrl

war-room.it

2024

 

31 min 22 sec

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

L'identità storica e culturale dell'Europa comprende la cosiddetta "Cristianità", "essere

Cristiani", non tanto il "Cristianesimo" come credo religioso, ma supporre che ne sia

figlia unica è solo una costruzione fantastica, perché di fatto un "frutto di tante radici".

 

"Le radici cristiane dell'Europa sono un mito storico-identitario, uno dei grandi miti del

nostro tempo che pretendono di dirci non solo da dove veniamo, ma anche chi siamo

e, soprattutto, non possiamo non essere, perché - come affermano i sostenitori del mito -

un albero a cui vengono tagliate le radici muore.

 

Nei due secoli abbondanti della loro storia, le radici cristiane dell'Europa hanno cercato

soprattutto di elevare come sempre e arbitrariamente "alcuni" - leggi la Chiesa Cattolica

Romana ed i Cattolici) al di sopra di tutti gli altri.

 

Il libro costituisce la prima storia del mito, dalla Rivoluzione Francese ai giorni nostri,

anche perché le radici cristiane dell'Europa sembrano essere giunte a una svolta."

 

Fenomeno politico-culturale evidente è che il Cattolicesimo si stia trasformando, 

sempre meno religione sempre più ideologia, nel senso che sempre meno persone ci

credono - anche in Italia - ma sempre più persone si sentono "cattolici", appartenenti a

una certa "tradizione culturale", che magari parte da un mitico passato, immaginato

glorioso, e si rifugia in un'"identità" unidimensionale perché non sanno accettare che le

migrazioni rendano la società sempre più ricca e, quindi, inevitabilmente "complessa".

 

Questo coincide con la formula delle politiche di destra ed estrema destra, basata sulla

inverosimile ed estraniante equazione di "costruzione di un'identità forte" e allo stesso

tempo "rifiuto di una società complessa".

 

Davide Giacalone, giornalista e scrittore, ne discute con Sante Lesti, Professore di

Storia Contemporanea all'Università di Pisa, autore di "Il mito delle radici cristiane

dell'Europa", Einaudi, 2024 (per un'anteprima vedi Google Books).

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

L'albero

 

                                   

si riconosce dai frutti

 

                                   

non dalle radici

 

                                   

 

                                   

 

                                   

I falsi profeti posseggono la verità ma odiano

il confronto, sentenziano ma non dialogano,

uniformano ma non uniscono.

 

"Dai loro frutti li riconoscerete"

Mt 7, 16

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Servono meno miti e più memoria culturale.

 

 

Noi, la società collettivamente e ciascun individuo nel suo

inconscio, siamo pregni di miti antichi e moderni di chi ha

interesse a continuamente rimanipolarli.

 

Finito il Comunismo, l'Europa politico-religiosa promuove in fretta

l'Islam a sostituto "nuovo altro da noi".

 

 

Il "Cristianesimo" fa ormai parte dell'autopercezione europea e

occidentale da oltre un millennio, dopo la Riforma a sostituire

come collante il precedente "Cattolicesimo Romano".

 

Oggi si riforza la mano per farlo diventare l'essenziale, se non

addirittura unico, elemento culturale distintivo identitario di un

male invecchiato Continente.

 

 

Solo che la Rivoluzione Francese ha operato una tale

"scristianizzazione" o "laicizzazione" della società, rivoluzionaria

e senza ritorno, spaventando una detronizzata Chiesa Cattolica 

Romana.

 

Disperati i tentativi di recuperare potere con un megaprogetto di

"ricristianizzazione" della politica e della comunicazione di massa

per non essere cancellata del tutto dalla società, dalla storia e dal

mondo.

 

 

Tutto nasce da nostalgie controrivoluzionarie post- e anti-

napoleoniche, crescendo poi per tutto l'Ottocento in una serie di

opere mirate a "ripopolarizzarne" il mito.

 

Le radici piuttosto "papali" che "cristiane" dell'Europa

dovrebbero  "ricattolicizzarci", innestando nel liberalismo un

ricostruito ruolo pubblico dominante della Chiesa Romana.

 

 

Dalle parole ai fatti, nel Novecento il papato si farà attore sempre

più protagonista nel martellare politici e masse con il mito di

queste benedette "radici cristiane d'Europa".
 

L'atteggiamento della Santa Sede nei confronti dei regimi totalitari

inizierà con il fiancheggiare Fascismo e Nazismo.

 

 

Un Fascismo opportunista e sornione si negherà nella religione

un ritorno alla tanto sbandierata romanità con i Patti Lateranensi,

nei confronti del Nazismo naufragherà invece scontrandosi contro

il suo ostentato neopaganesimo.

 

Dopo la Seconda Guerra Mondiale il mito si rinvigorerà iniettato

in un Continente distrutto e in cerca di una nuova verginale

identità.

 

 

Il "movimento sociale cattolico" cercherà di rafforzarsi superando

crescenti nazionalismi, con il Concilio Vaticano II aprendosi alla

partecipazione dei popoli.

 

Scavallata anche la cesura del Sessantotto, la strategia romana di

"ricristianizzazione" si focalizzarà sull'Europa Orientale con nuovi

"Santi Patroni" gli slavi Cirillo e Metodio nell'Est Comunista.

 

 

Il mito si allargherà ancora ad includere - almeno "per finta" - la 

componente femminile, con tre nuove "Patrone d'Europa" in

Brigida di Svezia, Caterina da Siena e l'ebrea di Auschwitz Teresa

Benedetta della Croce, nesso fra "radici cristiane d'Europa" e

"radici cristiane nazionali".

 

Mai fermandosi ancora una ri-rielaborazione, da una parte

includendo sempre più popolari temi come ambiente e giustizia

sociale, dall'altra sguinzagliando feroce la visione di stretto

rapporto fra Islam e violenza.

 

 

Da ora in poi si parlerà infatti esplicitamente di radici "giudaico-

cristiane", proponendo addirittura di includerle nel preambolo

alla Costituzione Europea.

 

Ennesimo concetto "antistorico" per cancellare la secolare

presenza araba in Europa, ignorandone i cruciali contributi

scientifici e culturali, trasmissione dei classici inclusa.

 

 

Il mito si bulimizza e radicalizza dunque da mitizzate radici

"cristiane" ad antistoriche radici "giudaico-cristiane", dopo secoli

di persecuzioni cattoliche e cristiane contro il maledetto "popolo

deicida".

 

Nel "tutto cambia perché ogni cosa resti uguale" il mito continua

ad evolversi solo nel suo mimetismo, riaffermando in sostanza la

volontà politica della Chiesa Romana di egemonizzare il processo

di integrazione europea.

 

 

Per fortuna le "radici cristiane d'Europa" sopravvivono oggi

relegate solo nella propaganda anti-migratoria e anti-islamica delle

destre più o meno estreme.

 

Speriamo che lì rimangano per sempre!