LUCIANO RUSSO ONLINE | Storie Balcaniche | L'Orto Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin-Fanfogna












Il Parco vissuto da dentro





Questa immagine dinamica mostra in successione i punti di osservazione della nostra passeggiata all'interno








L'accogliente cancello d'ingresso

... sempre chiuso!











Terminata la nostra "quasi circumnavigazione" dell'attuale Parco lungo i tratti pubblicamente accessibili del perimetro dei suoi muri esterni, cercando di crearci un'immagine di quel che possa ancora custodire al suo "proibito" interno, ne abbiamo comunque potuto intuire la bellezza e la maestosità. Almeno quanto basti a suscitare in ciascuno di noi curiosità sufficiente a volervi entrare fisicamente e scoprilo.







Targa o non targa UNESCO, abusiva quella, lo faremo anche noi "abusivamente", visto il famoso cartello seminascosto dietro il grande cancello, ma assolutamente sicuri di una cosa: le nostre aspettative non saranno deluse! Quindi adesso non ci resta che seguire dei "percorsi guidati" e, reperto dopo reperto, da una "qualche parte" senza dubbio arriveremo - anche emotivamente parlando...







Già all'inizio della nostro giro esterno del Parco, potevamo constatare con delusione come il cancello principale oggi costituisca piuttosto una "barriera" che un ingresso. Non solo perennemente bloccato dalle auto...










... ma anche da tanto di catena e lucchetto!













Vista al momento l'assoluta impossibilità di accedere al Parco "legalmente", come sarebbe del resto non solo auspicabile, ma normale e dovuto), entreremo a documentarne lo stato accettando, nostro malgrado, di aggirare in maniera pragmatica tutti gli ostacoli materiali e immateriali ... Per farlo utilizzeremo quel varco spalancato da cui "tutti gli altri" passano, tornando indietro al nuovo angolo di Sud-Ovest, vicino al supermercato!







Prima di entrare ancora una vola un'opportuna precisazione sul "dove" in effetti ci troviamo. Quando ai nostri giorni parliamo di "angolo Sud-Ovest" del Parco rischiamo di falsare la percezione spaziale dell'intero allestimento. Dobbiamo immaginarcelo molto più esteso, a comprendre, dalla strada principale fino al nuovo Mercato ittico cittadino e dritto a Nord, l'intero lotto rialzato occupato dall'attuale supermercato. Entrandovi oggi ci troveremo di fatto già ad un terzo della sua originaria larghezza e non tenendo questo presente, la percezione generale della sua superficie, ma soprattutto quella del contesto originario da cui il posizionamento di reperti e manufatti, come li vediamo adesso "vicinissimi" al confine, allora immersi nel verde.






Sulla mappa catastale austro-ungarica del 1830 la reale estensione della struttura al suo completamento, con tutte le rispettive particelle rurali che la compongono, di seguito in ordine di numerazione e con i rispettvi lotti: - Particella 1119 o "quadrante Sud-Ovest", l'ultimo incluso in ordine cronologico, comprensivo dell'attuale spiazzo-marciapiede sulla strada prospiciente l'odierno supermercato - Particella 1120 o "quadrante Sud-Est", la parte iniziale del Parco - Particella 1121 o "quadrante Nord-Est", il terzo quadrante aggiunto in ordine di tempo - Particella 1122, insieme alla Particella 1124 il "quadrante Nord-Ovest", prima espansione del Parco dopo il quadrante di Sud-Est i quali vanno a completarsi con le seguenti aree edificate: - Particella 1041 e Particella 1042 all'estremo angolo Sud-Est, quelle della cosiddetta "Barchessa" (da notare, qui ancora due edifici separati!) - Particella (forse) 1046 al centro addossata al confine Est, quella del "Casinetto delle delizie" - Particella 1045 all'angolo diametralmente opposto all'estremo Nord-Ovest, quella della "Casa del Giardiniere".







Ora di fare il primo passo in questo meraviglioso Parco ufficialmente "aperto" ma permanentemente "chiuso", anche se di fatto "spalancato", abbandonato al suo destino nelle mani di ragazzi, sbandati e tossicodipendenti locali. Finalmente si entra!...






Il primo passo "nel" Parco

alla sua scoperta da un pubblico

... passaggio "segreto"











La Storica Città di Trogir dal 1997 iscritta nella Lista UNESCO del Patrimonio Culturale Mondiale dell'Umanità vi dà il benvenuto in uno dei suoi più preziosi gioielli, il Parco Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin-Fanfogna non affatto protetto dall'UNESCO ma pur sempre "Monumento di architettura ortoculturale" e primo Giardino Botanico della Croazia allestito nel 1802 dai traurini fratelli Gian Domenico e Gian Luca Garagnin!







Lungo il muretto Sud

verso il cancello principale











Oggi di nuovo ringhierato dopo essere stato a lungo recintato con semplici passoni e filo spinato, in pratica aperto ai vandali, poi ringhierato una prima volta Anni Cinquanta-Sessanta. Avviandoci verso il cancello principale lo spettacolo è deplorevole, davanti i nostri occhi e sotto i nostri piedi, cercando di evitare i rifiuti a terra, tra cui siringhe in inaspettata quantità...














Il grande cancello dall'interno











Questo avrebbe dovuto essere l'ingresso... Arrivati nella Contea di Spalato e Dalmazia in aereo, nave, treno, auto, autobus di linea o turistico, il visitatore è nel cuore della Storica Città di Trogir, vera perla dell'Adriatico, a pochi metri dal piccolo ponte che lo porterà al suo Centro Storico protetto dall'UNESCO, e questa dovrebbe essere la prima tappa obbligata fra le sue bellezze naturali e culturali!














Così da dentro il Parco, guardando il cancello principale sembrerebbe un quasi normale ingresso, se non fosse da anni rigorosamente chiuso, incatenato e lucchettato se non fosse per quella semiapertura delle ante che la dice lunga su quanti frustrati turisti le abbiano spinte con grande delusione nel tentativo di forzarle se non fosse che sotto quella targa marmorea di millantata appartenenza al patrimonio urbanistico-architettonico sotto protezione UNESCO, non venissero accatastate cianfrusaglie da mercatino esposte sul piazzaletto dal piccolo bazar ospitato allo scatto della foto nell'ala destra della Barchessa. Sarebbe più normale che quel locale ospitasse un punto di benvenuto al Parco, con vendita di libri storici e opuscoli al riguardo, come pure, perché no, oggetti ricordo e casomai una biglietteria se a simbolico pagamento! Solo allora il cartello di informazione turistico-culturale, oggi seminascosto lì dietro il fogliame degli alberi, quasi si vergonasse d'esserci, potrebbe finalmente acquistare una funzione e un senso...






La "Barchessa" nascosta











La facciata interna della Barchessa al Parco, appare subito troppo "pulita", rifatta e stravolta in tempi moderni. Le piccole finestre molto probabilmente originali, da stalla e magazzino, ma intercalate da una lunga serie di porte e porte- finestra protette da moderne grate che proprio nulla hanno di Ottocento e che al fine di illuminazione ed areazione rendono palesemente superflue le finestrelle originali... Nulla di non già visto, dato tale sfregio è stato fatto nel Centro Storico, dove lungo le strette "calli" quasi ogni facciata di edifici appetibili per un commercio ad oltranza per lo più turistico, è stata "traforata" a piano terra per far posto a troppo moderni ingressi, vetrine ed infiniti Bancomat anche a un metro di distanza uno dall'altro!







Non sembrano più "stalle" e "magazzini", sparito il caratterizzante ingresso ad androne che dalla strada principale innescava sul vialone verso "Lapidarium", "Casinetto delle Delizie" e "Orangerie", sparito il vialone, dei due imponenti "letamaj" ai lati nessuna traccia. A terra cancellato qualsiasi appiglio percettivo che aiuti comprenderne l'originario disegno, tutto sostituito da un moderno lastricato in piastre di cemento... Sembrano proprio e sono diventati dei qualsiasi "negozi"!









Distrutto e murato, del grande ingresso di utilità rimangono solo minime tracce. Alcune delle pesanti pietre di stabilizzazione degli stipiti, quello di destra per l'intera altezza, quello di sinistra purtroppo solo la base e due robusti cardini del portone o cancello.










Unica riflessione sui rifacimenti della facciata è devono essere stati più di uno ed in epoche molto diverse, quello della finestrella al posto del portone in tempi più remoti, le altre modifiche molto più di recente.






Il cancelletto secondario Est











Seminascosto dalla vegetazione a sinistra della Barchessa, il cancelletto di servizio sulla strada laterale. Già comodo e discreto ingresso pedonale a Barchessa, Casinetto delle Delizie e Orangerie, oggi altrettanto comodo cestino di immondizie per i passanti.











Finalmente il Lapidarium

... miracolosamente intatto

Hvala Bogu! (o chi per lui)











Ripercorrendo dal cancelleto il muro dall'interno, possiamo trovare puntuali conferme a quanto intuito e scoperto durante la nostra passeggiata lungo il perimetro esterno del Parco, dettaglio dopo dettaglio.








Sopra, sulla destra, la ricucitura di più muri e quel raccordo trapezoidale a cappello, evidenziato in rosso, che dal muro rifatto sale verso il nuovo muro, più alto del Lapidarium. Sotto, sulla sinistra, sempre evidenziati in rosso, i pochissimi resti del "Casinetto delle Delizie", gli scalini dell'ingresso laterale Sud.





Poi all'improvviso, incastonate in questo oggi "muro del pianto" e della vergogna, accarezzate da raggi di sole, addolciti filtrando tra le foglie sugli alberi, appena a sfiorarne le superfici con sorprendenti effetti di contrasto, immerse nella magica atmosfera di una estate tutt'altrove troppo afosa, in un tempo fuori del tempo, scandito solo dal ritmo monotono di litaniche cicale... Qui, fresche nella penombra, riposano allineate e composte, tenendosi strette strette una all'altra come a darsi coraggio, le pietre e le stele tombali di Salona, quel Lapidarium così fortemente voluto dai Garagnin, accuratamente posizionato e composto - un angolo decisamente "sacro" al confine Est del Parco, in totale solitudine, miracolosamente intatto!










E il Lapidarium è qui dall'inizio, collocato al posto d'onore, affiancato al Casinetto in un luogo appartato, quasi intimo, di lenente frescura per corpo e mente... Che sia così miracolosamente intatto infonde sicuramente speranza, silenziosa testimonianza di cosa veramente rimanga della storia umana, al di là dei flussi e riflussi politici e sociali. Un monito a noi vivi, a fermarci con rispetto per dare dovuti memoria, tributo e onore a chi ci ha preceduto in questa nostra staffetta, semplicemente concedendoci un attimo di più profonda riflessione.








Le immagini che seguono sono miniature un doppio clic per ingrandirle Cliccando la miniatura del Lapidarium completo, un meticoloso montaggio di 9 fotogrammi portati a coerenza di scala ed ortogonalità, è possibile ottenerne l'ingrandimento sullo schermo e scaricarlo a risoluzione stampabile per studiarne le iscrizioni. Ingrandibili, scaricabili e stampabili anche le miniature delle due pagine originali del catalogo con tutti i disegni dei singoli reperti che compongono il Lapidarium. Per un eventuale utilizzo del materiale valgono le condizioni di Copyleft come specificate a piè di pagina in copertina di sito.







Lungimirante generosità culturale quella di Gian Luca Garagnin nel volerci trasmettere appunti documentali così amorevolmente precisi da permetterci ancora oggi, carte alla mano, di entrare devotamente in quel che resta del Parco alla ricerca di reperti archeologici catalogati ben due secoli fa e trovarli laddove la cecità della furia e l'ignoranza della barbarie non siano ancora riuscite a distruggerli. Questi preziosi documenti fanno parte di quel "catalogo grafico" dei reperti provenienti dagli scavi di Salona, disegnati primi Ottocento a cura di tal Giovanni Danilo "(Publico) Perito Agrimensore".














Di seguito alcuni dei reperti ritrovati in catalogo, con disegno e rispettiva foto, nell'ordine in cui collocati nel Lapidarium, dall'alto da sinistra verso destra, più due reperti, uno fuori foto e l'altro non in catalogo:

















































































































































Pietra tombale romana con bassorilievo di padre e figlio (l'ultima a destra nel Lapidarium) in due fotografie, quella sopra in bianco e nero del 1975 e quella sotto a colori di oggi.









Il fu "incantevole"

"Casinetto delle Delizie"











Da ancora prima del Settecento il termine "delizia" può avere nei giardini "all'italiana" il duplice significato di "piacere", ma anche di "frutto". Così come lo stesso concetto di "giardino", dal provenzale jardis, da cui, tra gli altri, l'inglese garden o "luogo chiuso (sacro) circondato da siepe" e successivamente da mura. In Greco chôrtos (da cui Horta, dea etrusca dell'agricoltura) e in Latino chors, co-hors, poi hortus, da cui "orto", i quali sono a loro volta addirittura legati al concetto etrusco e poi romano di "Genius loci", lo spirito protettivo di un luogo frequentato e abitato dagli umani. Questo concetto a sua volta generatore della tradizione del Lararium e delle Sigillaria con Lari, Mani, Numi e Penati, Sigillaria poi sostituite dal Cristianesimo con il Natale e il Lararium con il Presepe o tradizione di offerte o doni lasciati "prae saepem", cioè "davanti alla siepe", al confine del luogo sacro... Da qui si arriverà all'evoluzione del giardino come luogo chiuso "estetico", cioè di raccoglimento e godimento spirituale, un "Giardino dello Spirito" alias "Eden" o "Paradiso Terrestre", spesso con un layout a labirinto sacro, oppure un "Chiostro delle Stelle", per studi astronomici. A questi tipi verrà a contrapporsi giardino "coltivato", il quale può includere aree "a giardino" con diverse destinazioni, volentieri suddiviso in più ambienti indipendenti. Il "Giardino della Fruttiera" o pomarium, con uno spazio molto ampio per la produzione di frutta pregiata per mense reali, poi il "Giardino dei Fiori", la parte più preziosa, dove se ne coltivano molte varietà, e ancora il "Giardino del Bosco", il semiselvatico nemus o lucus se sacro. Importantissimo il "Giardino dell'Orto", sul modello degli orti medievali dei monasteri - tra gli altri l'Hortus Sanitatis o "Orto dei semplici" o erbe medicinali, l'Hortus Holerorum o "Orto degli olî essenziali", l'Hortus Aromatarium o "Orto delle erbe aromatiche" - luoghi ad atrio o Hortus conclusus di colture tipiche del Monachesimo occidentale e in particolare documentati e "standardizzati" grazie alla grande opera della Scuola Salernitana di Medicina fondata da Federico II. L'elemento architettonico del "Casino", "Casinetto" o "Casina" "delle Delizie", "della Delizia" o "del Piacere" è invece tipico del giardino settecentesco, come pure quello del "tempietto" e, come questo, può assumere dimensioni e proporzioni importanti. Fra tutti un paio di esempi, il primo la imponente "Palazzina delle Delizie" dei Giardini di Palazzo Farnese in Italia, a Caprarola, in Provincia di Viterbo, restaurata a cura e spese dell'allora Principe ereditario Re Carlo III d'Inghilterra (dove i "piaceri" erano però molto carnali e legati alla leggiadria e erotismo di giovani donne), il secondo il "Casino Pontificio" di Papa Paolo IV nei Giardini Vaticani. Comunque anche tutti i giardini "produttivi" e non soltanto di svago vengono genericamente chiamati "Giardini di Delizie". Per cui anche il cosiddetto "Casinetto delle Delizie" nel Parco Garagnin-Fanfogna a Trogir, costituisce e definisce un luogo tanto di "coltura" quanto di "cultura", non a caso affiancato nel suo spazio a giardino esterno appunto dall'appena ammirato stupendo Lapidarium a Sud e dall'esotica Orangerie a Nord, luogo quindi di degustazione di piaceri terreni sia per il corpo che per la mente e lo spirito.









Sopra, nel foglio in alto, la planimetria e, in quello in basso, i prospetti del Casinetto del Parco nel progetto di espansione ad opera dell'architetto Giannantonio Selva nel 1800 circa, commissionatogli dai fratelli Garagnin per trasformare le originarie costruzioni "povere" addossate al muro di cinta Est in quell'elegante "Casinetto delle Delizie", subito realizzato. Nel primo foglio, sopra, il prospetto della facciata Ovest dell'edificio murario principale e, sotto, la planimetria delle costruzioni murarie preesistenti con l'accenno del prolungamento frontale in veranda /terrazza. Nel secondo foglio, sopra, il prospetto Ovest di tale prolungamento in versione giardino d'inverno con casetta in legno coperta da tetto a cupola in metallo, probabilmente lastre di rame, e, sotto, il prospetto laterale Sud, sia dell'opera muraria che della veranda /terrazza con la casetta sotto cupola davanti all'ingresso principale, nei mesi freddi a chiudere e proteggere lo spazio a mo' di giardino d'inverno. Molto probabilmente in precedenza queste umili costruzioni fungono da casette degli ortolani e per gli attrezzi, contestualmente sostituite dalla nuova cosiddetta "Casa del Giardiniere", all'estremo angolo Nord-Ovest nel quadrante Nord-Ovest del Parco, che i fratelli Garagnin rileveranno dalla famiglia Grazio (su l'allora "Strada dei Dragulini", di fronte alla proprietà di tal Girolamo Celio Cega dall'altro lato).



Del Casinetto rimangono ricche testimonianze documentali storiche, come ad esempio questa fotografia, già qui usata, di seconda metà Ottocento. Ben visibile l'ingresso principale sulla sua facciata Ovest, con le due finestre simmetricamente laterali e l'apertura ovale sopra l'ingresso, a sostituire la lunetta disegnata dal Selva. La bella veranda antistante racchiusa da muretto perimetrale in mattoni finito con copertina in pietra locale sagomata e solo l'intelaiatura metallica della originaria copertura aerea a botte, a mo' di pergola, infine i tre gradini piramidali che al centro salgono al terrazzato, a quota ben rialzata da quella del terreno circostante.










Quasi nulla rimane del Casinetto tranne dell'intonaco di due stanze sul muro di cinta e qualche gradino sul perimetro... Tutto il resto possibile distrutto, vandalizzato, rubato!





I pensieri vanno inevitabilmente alle atrocità prima del 1943 e poi del 1945... Qui la frustrazione più amara, il fanatismo più riluttante e la rabbia più furiosa si sono sfogati senza alcun freno né ritegno. Dai fori delle pallottole in quel che resta dei bei muri decorati (al momento delle foto Anni Settanta ancora parzialmente in piedi, ma non più) si può solo dedurre quanto il Casinetto fosse diventato "simbolicamente" oltremodo oltraggioso. Di sicuro questo un poligono di tiro improvvisato dopo pesanti sbornie e, come viene sommessamente raccontato, anche luogo di esecuzioni sommarie, fattaccio purtroppo del tutto credibile nel tristissimo contesto storico di allora... Quest'ultima testimonianza avvalorata dal fatto che, come nella foto sopra, i fori dei proiettili siano concentrati a disegnare una macabra "Via Lattea" ad altezza d'uomo, più specificamente ad altezza di petto d'uomo!






Ma cerchiamo comunque di ricostruircelo ed immaginarlo questo Casinetto neoclassico di raffinata grazia negli interni, facciamolo con il valido aiuto dei disegni originali del Selva!





Due dei disegni originali dell'architetto neoclassicista veneziano Giannantonio Selva per le decorazioni degli interni del "Casinetto delle Delizie". Sopra una "proiezione ortogonale esplosa" (a scatola aperta) di soffitto (al centro) e pareti della camera a Sud. Sotto, il dettaglio delle due specularmente identiche pareti Sud "A" e Nord "C" della medesima stanza.







E a conferma della nostra precedente scoperta fatta grazie alla "lettura" del muro di cinta dall'esterno, anche su questi miseri resti di quello che fu il Casinetto- perché sarebbe esagerato chiamarle "rovine" - ritroviamo se pur solo "tracce" di quel medesimo intonaco rosato.






Ma vediamo di renderci conto di quale bomboniera questo "Casinetto delle Delizie" debba essere stato, scorrendo le diverse proposte grafiche di Selva per i suoi interni, oggi unica possibilità di riviverne l'atmosfera. Naturalmente molto meglio sarebbe se, finalmente, "qualcuno" si decidesse a restaurare l'intero Parco, ricostruendo fedelmente anche il prima vandalizzato, poi "spappolato" ed infine polverizzato Casinetto (con quanto odio e quale accanimento!...).









Molte delle immagini che seguono sono miniature un doppio clic per ingrandirle Cliccando sulla miniatura si aprirà separatamente immagine originale scaricabile e in risoluzione stampabile. Per un eventuale utilizzo del materiale valgono le condizioni di Copyleft come specificate a piè di pagina in copertina.









Sopra, per orientarci, le ubicazioni de: - la cosiddetta "Camera dei Gentiluomini" (a destra, verso Sud) - una stanza riservata cioè a soli uomini, dove, secondo la moda dell'aristocrazia e dell'alta borghesia di allora, si fuma sigaro, si bevono superalcolici, si discute di piani futuri, di economia e di politica, si coltivano contatti di affari - e - il "Saloncino del Tè" (a sinistra, al centro della costruzione, locale di ingresso dalla terrazza coperta) - più "culturale" nel senso di arte in generale e letteratura in particolare, quindi... aperto anche alle donne. Da notare anche deliziosi e allo stesso tempo utilissimi "mobili a scomparsa", diremmo oggi, nell'intercapedine fra i due spazi adiacenti, nello spessore del passaggio tra l'uno e l'altro, sicuramente un "nascondiglio" ideale per tutto ciò di cui si abbia bisogno nei minuscoli locali - "interior (compact) design" di alta classe! Sotto la medesima pianta con i codici delle proiezioni delle pareti, qui sovrapposti al disegno dalla Redazione come assegnategli dall'architetto Selva: - nella "Camera dei Gentiluomini", in senso orario da Sud, "A"/Sud, con porta di ingresso laterale esterna, "B"/Ovest, con finestra, "C"/Nord, con porta interna di comunicazione con il "Saloncino", e "D"/Est, sul muro di confine esterno - nel "Saloncino del Tè", sempre in senso orario da Sud, "E"/Sud, con porta interna di comunicazione con la "Camera", "F"/Ovest, con la porta esterna di ingresso principale al "Casinetto" e due finestre simmetricamente ai lati, "G"/Nord, con porta interna di comunicazione con la terza stanza a Nord, "H"/Est, sul muro di confine esterno.







Cominciamo dalle superfici del primo locale, la "Camera dei Gentiluomini", seguendo l'ordine datogli dal suo ideatore, Giannantonio Selva. In questa serie i disegni originali delle decorazioni d'interno per la stanza più a Sud nel "Casinetto delle Delizie", da cui si accede al Lapidarium.









Le pareti "A" e "C", o rispettivamente Sud e Nord, specularmente identiche





La parete "B", o Ovest , con finestra sul Parco





La parete "D", o Est, cieca perché sul muro di confine



\| Asse verticale Nord-Sud \| \|


Il soffitto \| \|



E proseguiamo quindi nella "Saletta" o "Saloncino del Tè", la stanza centrale di ingresso e cuore o snodo di tutti gli ambienti, sia interni che esterni del "Casinetto delle Delizie". Di seguito i disegni originali delle decorazioni d'interno di Giannantonio Selva per questo locale attraverso cui tutto e tutti passano, entrando o uscendo dalle stanze adiacenti, e da cui si accede esternamente dalla e alla Terrazza/Veranda d'estate, protetta dal sole con la sua copertura fissa, e giardinetto d'inverno, con una casetta di legno smontabile.









Le pareti "E" e "G", o rispettivamente Sud e Nord, anche qui specularmente identiche come "Camera dei Gentiluomini"





La parete "F", o Ovest , con doppia finestra sul Parco





La parete "H", o Est, cieca perché sul muro di confine



\| Asse orizzontale Est-Ovest \| \|


Il soffitto - prima proposta \| \|





Il soffitto - seconda proposta \| \|





Come abbiamo visto, le pareti Est - contraddistinte con "D" e "H" - del Casinetto, quelle cioè sul muro di cinta, erano le uniche ad essere parzialmente sopravvissute ai vandalismi, alle distruzioni di fine Seconda Guerra Mondiale e Secondo Dopoguerra, nonché all'azione degli agenti atmosferici... Riproponiamo le due foto, databili al 1954, che mostrano ancora intellegibile quel poco di intonaco rimasto, almeno quanto basti per identificarne e compararne alcuni dettagli con i disegni originali delle decorazioni.





La parete "D" della "Camera dei Gentiluomini"







La parete "H" del "Saloncino del Tè"









†

R.I.P.


(Ogni commento superfluo)



Questo rimane oggi del Casinetto ed occorre veramente tutta l'immaginazione di cui siamo capaci per immaginarlo eretto...





Da Sud-Ovest nel Parco, guardando a Nord-Est, in alto a sinistra gli scalini dell'ingresso centrale alla terrazza/veranda/giardinetto d'inverno e dietro verso il muro di cinta i pavimenti del "Salottino del tè" al centro e della "Camera dei Gentiluomini" a destra con gli scalini dell'ingresso laterale Sud...








Da Sud nel Parco ad altezza del Lapidarium, guardando verso Nord-Est, l'ingresso laterale Sud alla "Camera dei Gentiluomini" in primo piano a destra, sempre a destra più in alto i pavimenti davanti della "Camera dei Gentiluomini" e dietro del Salottino del tè", la terrazza/veranda/ giardinetto d'inverno sullo stesso livello a sinistra...











Da dentro la "Camera dei Gentiluomini" guardando verso Sud nel Parco, prima in basso gli scalini dell'ingresso laterale Sud e poi ad altezza d'uomo il Lapidarium a sinistra...








Sempre da dentro la "Camera dei Gentiluomini" guardando verso Nord-Ovest, in alto al centro il pavimento della terrazza/veranda/giardinetto d'inverno con resti delle colonnine al termine e ai lati degli scalini d'ingresso e il pavimento del "Saloncino da Tè" a destra...








Centralmente dalla terrazza/veranda/giardinetto d'inverno guardando all'interno del Parco verso Ovest, le colonnine di sostegno alla copertura e gli scalini d'ingresso...










La fu "deliziosa" "Orangerie"














Disegno planimetrico della seconda metà del Settecento di una "serra climatizzata" o "di acclimatizzazione" sperimentale per la domesticazione delle piante da agrumi. Una innovativa "orangerie" o giardino d'inverno (in Italiano "agrumeto" o, a seconda della coltura, anche "orangeria", "limonaia" o "cedraia"), uno spazio per far svernare in particolare piante di agrumi, ma anche altre da frutto o esotiche, in aree geografiche il cui clima rigido non ne consentirebbe la sopravvivenza all'esterno, aiutandole progressivamente ad adattarvisi attraverso un lento processo di "domesticazione". Solitamente un edificio "di moda" annesso ad una villa o un palazzo (in Europa quasi tutti i castelli reali o principeschi e le residenze dei nobili dell'epoca ne hanno uno), un luogo appartato di bellezza, lettura, riflessione ed incontri galanti.





Sopra, il disegno di massima del geometra/agrimensore Giovanni/Ivan Danilo a visualizzare la futura soluzione planimetrica della futura struttura per la protezione delle meteosensibili piante di agrumi (oggi una delle vere ricchezze e produzione "tipica" dell'area). Sotto, lo schizzo preparatorio di circa 1800 per mano dell'architetto veneziano Giannantonio Selva, mostra la progettazione vera e propria dell'Orangerie, completo di sezione della tettoia da far poggiare sull'allora muro perimetrale e uno dei portali laterali della struttura. Più in dettaglio nello schizzo preparatorio all'interno e lungo l'originario muro di confine Nord adel Parco ppartenente al quadrante di Sud-Est: - la planimetria generale dell'edificio (in alto) - un prospetto frontale esemplificativo (al centro, sulla destra) - la sezione ed un particolare strutturale della tettoia (in basso a sinistra) - la proposta per il portale Ovest della costruzione (in basso al centro).




Sotto la riproduzione ingrandita della proposta per il portale Ovest.









†

R.I.P.


(Ogni commento superfluo)



Questo rimane oggi dell'Orangerie ed anche qui, come per il Casinetto delle Delizie, occorre davvero tutta la nostra capacità immaginativa per immaginarcela eretta...








Da Sud-Ovest nel Parco, guardando a Nord-Est, nella foto in alto il muro di cinta esterno a sostegno della copertura a tetto tegolato, verso l'angolo Nord dell'istallazione, in quella in basso a sinistra lo stipite destro del portale d'ingresso Est sul muro di cinta, l'una di due miserabili tracce di quello che fu l'Orangerie, mentre a destra i resti del Casinetto delle Delizie...











Da Sud-Est nel Parco, guardando a Nord-Ovest, nella foto in alto al centro il muro già esterno nel primissimo Parco, confine Nord del quadrante di Sud-Est, che ora si inoltra nel Parco verso Ovest tra i due quadranti Est, e a sinistra lo stipite sinistro del portale Ovest, meglio discernibile al centro della foto in basso, l'altra traccia rimasta dell'Orangerie...









La piccola ara funeraria dedicata

a "T. Statilio" goduta da vicino














L'immagine sotto è una miniatura un doppio clic per ingrandirle Cliccandola si aprirà separatamente l'immagine originale scaricabile ed in risoluzione stampabile. Si tratta di uno dei fogli di quel "catalogo grafico" dei reperti provenienti dai primissimi scavi di Salona, disegnati ad inizio Ottocento a cura di tal Giovanni/Ivan Danilo "(Publico) Perito Agrimensore", in cui il reperto appare con il numero XXIX. Per un eventuale utilizzo del materiale valgono le condizioni di Copyleft come specificate a piè di pagina in copertina.











		Due foto ormai "storiche" dell'antico monumento funerario a forma di ara sacrificale, datate rispettivamente 1954 sopra e sotto 1975. L'unico reperto archeologico libero portato a Trogir da Gian Luca Garagnin dai suoi scavi di Salona, l'antica capitale della Dalmazia, "rimasto in piedi" nel Parco, non rubato e neppure seriamente vandalizzato.







		Il monumento in altre due foto molto più recenti. Dopo quella del Lapidarium, la tenacia di questo unico reperto romano ancora intatto al suo posto originario in un Parco, dove per il resto non una sola pietra sull'altra ha resistito, offre indubbiamente suggestioni che hanno del miracolistico (anche perché nel primo caso si tratta di lastre tombali murate come elementi integrati in una costruzione!)...









La "Casa rustica del Giardiniere"














L'edificio che vediamo oggi è quel che resta della cosiddetta "nuova" Casa del Giardiniere, i cui locali aggiuntivi annessi andranno a sostituire quelle piccole costruzioni addossate al muro di cinta del confine Est nel primo quadrante del Parco e già utilizzatate dagli ortolani, almeno fino a che questo "brutto anatroccolo" non venga destinato a trasformarsi in "cigno" nel futuro Casinetto delle Delizie secondo i rivoluzionari piani dei proprietari.





Due piante d'epoca della "Casa del Giardiniere". La prima, sopra, limitata alla minore costruzione originaria acquistata dai fratelli Garagnin dalla famiglia Grazio, allo stato prima di ristrutturazione e ampliamento. Verrà integrata nel nuovo edificio, in pianta planimetrica sotto, a divenire la parte Ovest, quella "abitativa" del nuovo edificio, mentre ad Est, verrà realizzata una seconda, più piccola "Barchessa" oggi scomparsa. A dire il vero il nuovo corpo fin troppo "pomposo" con quell'ingresso a triplice portale bugnato in pietra e finta pietra di laterizi intonacati (le due sezioni contrassegnate nella piantina con una "H").





Le due foto d'epoca di seguito mostrano l'edificio, che, dopo i tempi gloriosi subito dopo il suo ampliamento ad Est e la sistemazione degli esterni con un sontuoso ingresso in stile neoclassico a triplice portale, subirà come il resto del Parco una triste storia di lenta ma progressiva incuria da parte delle nuove generazioni di proprietari, fino al totale abbandono e conseguenti atti di vandalismo e distruzione, esasperati alla fine anche da motivi ideologici di vendetta politica contro gli ultimi Garagnin- Fanfogna poi rifugiatisi in Italia.











Nelle foto a seguire la nuova Casa del Giardiniere come appare oggi, recentemente restaurata, anche se "falsandone" i volumi originari con la tamponatura dei tre portali esterni rispettivamente ad Est, Sud e Ovest. Viene curata amorevolmente, utilizzata - sembrerebbe - come abitazione privata, forse concessa in affitto (ma non si capisce da chi) o forse addirittura estrapolata dalla proprietà del Parco nonostante la vertenza in corso e venduta a privati (come nel malaugurato caso del quadrante di Sud-Ovest, su cui è stato edificato il famigerato supermercato).
















Da questo antico angolo di Nord-Ovest è ancora possibile ammirare del Parco Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin- Fanfogna la grande rigogliosità e la varietà delle specie, anche se in palese stato di prolungato inselvatichimento e un indesiderato, anzi direttamente nocivo sottobosco, qua e là con improvvisi spazi vuoti lasciati man mano aperti da piante andate perdute e mai sostituite. Dell'originaria, funzionale, elegante e variata pianificazione con i suoi vialoni, la percorribilità secondaria, le ordinate isole di produzione ortofrutticola ed aiuole di cespugli e fiori... nemmeno più l'ombra!












L'ingegnosa rete di pozzi

per l'irrigazione











Il sistema di irrigazione è concentrato con la sua rete di pozzi (sulla mappa sopra marcati in azzurro) soprattutto numerosi nei quadranti Sud, una zona di facile pescaggio di acqua salmastra - bočata voda o brakična voda - essendo più vicina al mare, carsica, bassa e piana, compresa non a caso fra i due grandi pozzi-cisterne-abbeveratoi pubblici esterni al Parco, quello denonimato di Ošljak - "Brunnen Osciach" o "Osliak" in mappa d'epoca - in basso ad Ovest del Parco all'incirca dove è ubicato l'odierno Mercato ittico cittadino, e quello di Dobrić - "Brunnen Dobrich" - ad Est (sulla mappa sotto marcati in blu/azzurro).







Di questi pozzi pubblici esterni nulla rimane, ma di quegli innumerevoli pozzi o prese d'acqua a pescare interni al Parco sono ancora visibili la maggior parte delle aperture, con le loro grandi pietre monolitiche cilindriche, cioè gli "inbocchi" in superficie. Sono quasi tutte ancora intatte, alcune coperchiate, al di dentro delle quali è ancora possibile trovare qua e là il canale verticale del pozzo vero e proprio ed il fondo, purtroppo anche se dappertutto trasformate - come il resto del Parco - in triste discarica di ogni sorta di detriti e immondizie...




































La sfortunata fine della

statua e del sarcofago romani


(Nessun umano rispetto neppure per la sacrale pace di un'ultima dimora..., antica quanto che sia)














		L'antica statua romana portata a Trogir dagli scavi della vicina Salona e messa qui da Gian Luca Garagnin ad abbellire il Parco, fotografata nel 1954, ancora integra, in verticale al suo posto su un piedistallo.





L'immagine sotto è una miniatura un doppio clic per ingrandirle Cliccandola si aprirà separatamente l'immagine originale scaricabile ed in risoluzione stampabile. Si tratta di uno dei fogli di quel "catalogo grafico" dei reperti provenienti dai primissimi scavi di Salona, disegnati ad inizio Ottocento a cura di tal Giovanni/Ivan Danilo "(Publico) Perito Agrimensore", in cui il reperto appare con il numero I. Per un eventuale utilizzo del materiale valgono le condizioni di Copyleft come specificate a piè di pagina in copertina.










Questa statua romana oggi divelta, danneggiata ed abbandonata in terra fra la sterpaglia e l'immondizia, accanto a quel sarcofago pieno di tutto e di più, è solo uno dei reperti romani sfregiati, divelti, spezzati, frantumati e volutamente sparpagliati tra la vegetazione su tutta la superficie del Parco. Purtroppo la mente associa in automatico ad altre recenti immagini, come quelle mediatiche propagandisticamente divulgate sui media da gruppi di iconoclasti ignoranti e fanatici a "vanto" di distruzioni operate fra l'altro in Afganistan, Iraq, Siria e Tunisia. Certo, nulla di paragonabile, eppure... Lì viene chiamata "psicologia del terrore", perché degli eventi storici tenderà a far esistere una sola versione dei fatti, quella imposta dal temporaneo "dominatore". In altre parole un "piano metodico" che mira alla distruzione della memoria collettiva, almeno di quelle parti e di quegli aspetti che secondo l'attuale "potere" vanno censurati, ma stessa matrice e medesimo scopo in fondo - una progressiva "dimenticanza" forzatamente indotta, fosse attraverso una mancata educazione al rispetto non solo della propria, ma della memoria anche "di altri che noi", perdita di rispetto per specifici elementi dell'"identità di un territorio" e della sua gente, tutte le genti, "prima di noi".

















Con il "tempietto" Attila non

avrebbe saputo fare di meglio!







Il cosiddetto "Neoclassicismo" settecentesco è una reazione alla pesantezza del Barocco e all'elaborazione sempre più spinta del Rococò, con il conseguente sviluppo di un'architettura pulita ed essenziale, appunto "neo-classica", la quale, passando attraverso successivi periodi storici, andrà a seguire essenzialmente tre orientamenti "ideologici": - il primo tra il 1715 e il 1740, come diretta trasposizione dell'Illuminismo, secondo principi legati a Razionalismo e Funzionalismo, con il nuovo ideale estetico di un ritorno a forme geometriche elementari - il secondo fra il 1740 e il 1780, in cui prevalgono aspetti filologici, archeologici e accademici, derivanti dalla vivace attività antiquaria dovuta all'inizio dei grandi scavi archeologici di Ercolano e Pompei, rispettivamente nel 1719 e 1738, ed in antitesi agli sfarzi di Barocco e Rococò, considerati, da alcuni critici del periodo "bugiarde espressioni dell'irrazionale e dell'ingannevole" - il terzo tra il 1780 e il 1805, di natura socio-politica, in riferimento all'architettura "rivoluzionaria" della nuova classe borghese, la quale vi trasferisce il proprio spirito conservatore, l'Ideale Repubblicano della rivoluzione politica francese del 1789 in combinazione, il Razionalismo della rivoluzione industriale inglese tra il 1760 e il 1830 e il nuovo Romanticismo "nazionalista" e "individualista". Il Neoclassicismo del Parco Garagnin-Fanfogna di Trogir appartiene senz'altro al terzo orientamento e periodo, ma con un inizio a cavallo tra il secondo e terzo. In questo rinnovato spirito classico in molti parchi e giardini in una vegetazione spesso lussureggiante verranno incastonati tempietti di imitazione classica, semplici accenti e richiami estetici nell'ambiente rurale "erudito".













Del tempietto neoclassico nel Parco non c'è più pietra su pietra, purtroppo solo parti delle fondazioni quadrate e le quattro colonne, anche queste a sezione quadrata, quasi a "pilastro etrusco", munite di semplice basamento, anch'esso quadrato, forse però non di capitello. Tutto questo ce lo fanno quindi immaginare quadrangolare e sicuramente aperto su tutti i lati, rialzato rispetto al terreno circostante, con architravi lignee se a sorreggere un tetto o, più probabilmente, a trabeazione diretta o a cielo aperto, quindi un "tempietto" o un "gazebo" o una "pergola".



















Qualcuno dei contemporanei "eroi" ha trovato infatti di grande soddisfazione, vera prova di valore, e di irresistibile divertimento abbattere tutti e quattro i pilastri del tempietto. Atto così squisitamente vandalico da riproporselo e ripeterlo poi sistematicamente su tutte le pietre composite del Parco, il quale oggi da di sé una falsa immagine "appiattita" e desolata. È così lasciato alle conoscenze, alla fantasia e alla sensibilità di ciascuno di noi non-eroi il tentare di ricostruircelo vivo ad occhi chiusi, ondeggiante, movimentato e vivace, inebriandoci del suo operoso silenzio, del sacro della sua atmosfera, della sua protettiva frescura e della sua sensuale fragranza di odori erbosi.















Storia "sparsa"

le nuove cartoline di Trogir







Come già osseravato guardandoci intorno, di tutto il resto di quello che una volta era l'Orto Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin-Fanfogna, non c'è più pietra su pietra, solo desolazione selvaggia, luoghi di pianto amaro e di infinita vergogna - Attila, il "barbaro", non avrebbe potuto fare di "meglio"... Per chi altro non possa fare che constatare lo sfacelo, per chi lo abbia provocato materialmente questo disastro e per i loro "mandanti" che, pur senza ordinarlo, se ne sono ugualmente sporcate le mani permettendolo, senza mai reagire più di tanto...



"Après nous le déluge!"

"Dopo di noi il diluvio!"







Per il momento non ci resta che ricordarcelo così questo bellisimo Parco, in letargo, con la sua storia stuprata, mutilata e sparsa. Con le sue pietre ormai fuori d'ogni contesto e che pure un contesto lo hanno, anzi molti, ma che "qualcuno", più di uno e per troppo lungo tempo, ha voluto arrogantemente sconvolgere. Pietre confuse, smarrite e sbigottite davanti a tanta (in)umana stupidità... Testimonianze ripetutamente assalite, colpite, intimidite ed ora cautamente lì appiattite, seminascoste, tenacemente decise a sopravvivere, lì in attesa di tornare al posto e al significato che gli spetta di diritto, in quella storia che non può venire meno neppure "distruggendo", ma andrebbe piuttosto riscoperta e ricomposta qualunque essa sia, piaccia o no, comunque e umanamente "nostra" - di tutti noi.



La storia non si cancella!


La si studia criticamente e se ne trae lezione per il futuro (qualora ne valga la pena). Tutti i bambini e i ragazzi delle scuole di Trogir, benedetti con tanta ricchezza storica e umana cultura, dovrebbero imparare a leggere e rileggere, a conoscere, capire, apprezzare, amare e tutelare per intero questo "libro a cielo aperto" che è la loro fortunata casa! Sta a noi adulti educarli...









































Il Parco "riciclato"



Ma il Parco non è morto, una flora di "punti di ristoro, di piacere, di relax, di incontro, di socialità e di sballo" si è andata sviluppando negli anni spontaneamente dal basso, raggiungendo sorprendenti numeri e standard! Facilmente accessibili, aperti a chiunque, alla portata d'ogni tasca, ben organizzati, forniti di tutto e accoglienti, in grado offrire una mensa aziendale a chi lavora, un ritrovo a costo zero per comitive, capace di appagare la "fuga" a tranquillizzante solitudine dell'emarginato, la "sete" fisiologica dell'alcolista e la "voglia" di evadere da questo mondaccio di merda del drogato - anche se al momento purtroppo non ancora il desiderio di conoscenza storica e culturale di un curioso visitatore... Di seguito alcuni esempi di diversa categoria.




"Économique"







Il più ovvio ed accessibile un "punto ristoro", una spartana ma funzionale "mensa aziendale", per lo più usata durante la stagione estiva da tassisti e giovanissimi ausiliari del traffico impegnati nell'ingato compito di far smaltire il traffico convergente da ognidove all'incrocio "a T" davanti al supermercato. Quando libero dai regolari, non viene neppure disdegnato da famiglie numerose, comitive di amici e gruppi di turisti, quale centralissimo, piacevole ed ombreggiato punto di sosta, riposo e pranzo al sacco.



















"Jeunesse"







Più dentro nel Parco, più lontano da occhi indiscreti, un punto di grandi incontri, per serate e nottate da ricordare, gioiose, bagnate, movimentate, da ballo e da sballo. In una piccola radura - dove pietre e cartoni si fondono a creare un inusuale anfiteatro, una scena degna di commedie e di tragedie umane, di quei racconti epici e tradizioni orali o "endovena", da trasmettere orgogliosamente per tramandarle a future "de-generazioni" - c'è qualcosa di vagamente omerico nell'aria: "Cantami o Piva, cantami o Rakija"...



















"Privée"







Nel cuore più profondo del Parco, l'angolino "intimo", forse degli innamorati, un posto per due, magari tre perché no, giardinetto segreto, testimone silenzioso e discreto di momenti intensi. Vite che si intrecciano, strecciano e stracciano, avvolgono e svolgono, riavvolgono, destini allo sbando, al bando, fremiti e gemiti, sogni e bisogni, che portino lontano, il più possibile si spera, via da qui, via e non importa dove, per volare insieme, ognuno per conto suo, tutti soli insieme, vite giovani già vecchie, vite perse?...













"De Luxe"







Da ultimo il fiore all'occhiello del Parco, un luogo segnalato, "multizona" VIP, qualcosa di tutto, di extra e di più, di lussuoso e fuori dell'ordinario, con ogni immaginabile comfort, insomma per quelli che contano nel giro - qui si fanno affari. Arredata in modo creativo e dal design raffinato, un mondo per pochi eletti, "esclusivo", da starne fuori se possibile, anzi da starne proprio lontani, "shots intras acids fixes snacks & snakes", un luogo adeguatamente appartato per i giusti business, un luogo ameno, a meno che... - "Membership Required"!...




















In attesa di buone nuove...








		Nota della Redazione Le ricerche condotte "sul campo" nel Parco Agricolo-Botanico-Culturale Garagnin-Fanfogna e la documentazione fotografica dei luoghi - "come appaiono oggi" - risalgono all'estate 2016. Qualsiasi ulteriore cambiamento di data più recente - vandalismo, distruzione, incuria, manutenzione o pur improbabile miglioria - del Parco non risulta quindi che casuale anche se la pagina web viene aggiornata ad ogni nuova segnalazione. Per quanto ci risulta, salvo la sua da noi richiesta ed ottenuta riapertura, con occasionali pulizie di erbe selvatiche e sottobosco, purtroppo ad oggi 2023 non molto è cambiato e nulla in più si sa del progetto di restauro o "rivitalizzazione" che sia... La Redazione










Durante Alaghieri detto "Dante" a 700 anni dalla sua morte in esilio a Ravenna la notte tra il 13 e il 14 settembre 1321



"Fatti non foste a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza"



La "Divina Commedia" Inferno XXVI, vv. 119-120